Benessere organizzativo: da dove partire per conoscerlo e migliorarlo

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​Il tema del Benessere Organizzativo è diventato molto attuale negli ultimi anni e si è accentuato con gli effetti della pandemia. Tutti ne parlano, molte aziende sentono la necessità di fare qualcosa. Ma da dove partire? E come procedere poi?


La nostra esperienza e il nostro approccio ci insegnano che è importante innanzitutto conoscere il punto di partenza, lo stato attuale delle cose, per poi fare un’analisi dei bisogni/della domanda e decidere quindi quali azioni ha senso mettere in atto. Diversamente un’azione non preceduta da un ascolto strutturato potrebbe non essere la giusta risposta ai bisogni e alle aspettative dell’organizzazione e dei suoi membri, producendo così frustrazione anziché benessere.


Per conoscere lo stato di salute (benessere) di un’organizzazione è utile aprire dei canali di ascolto delle persone, che consentano di osservare la realtà per come essa è e non per come, chi ha la responsabilità di occuparsi del benessere organizzativo, pensa che sia.


I canali di ascolto possono essere diversi e variano in base a una serie di scelte che chi desidera ascoltare può fare:


  • La mia azienda è piccola o grande?
  • Voglio ascoltare tutta la popolazione aziendale o solo un campione rappresentativo della mia organizzazione?
  • Voglio ascoltare solo una particolare famiglia professionale o target specifico?
  • Ho a disposizione strumenti/piattaforme digitali o meno?
  • In quanto tempo voglio avere informazioni di ritorno?
  • Quante risorse (budget e persone) ho a disposizione per “ascoltare”?


Rispondere a queste domande può farci riflettere su quali azioni di ascolto progettare e implementare.


Partiamo dal caso più diffuso e frequente: ascolto tutta la popolazione aziendale attraverso una survey on line.


Molte aziende, nella nostra esperienza, pensano che il tema del benessere nell’organizzazione sia un tema così importante e strategico che decidono di coinvolgere tutte le persone: non solo per avere informazioni da tutti ma anche per evidenziare l’importanza di questa tematica. Aprire un canale di ascolto con tutti è già un atto di cura e di attenzione che, di per sé, contribuisce a creare e alimentare benessere: abbiamo a cuore il punto di vista di tutti e vogliamo conoscerlo.


Se l’azienda è di dimensioni medio-grandi, per coinvolgere tutte le persone in un’attività di ascolto collettivo, lo strumento più efficiente ed efficace è sicuramente la survey. Una serie di domande, alle quali tutte le persone sono invitate a rispondere e che offrono la possibilità, a chi risponde, di dare il proprio punto di vista e portare all’attenzione dell’azienda eventuali temi e a chi riceve i risultati, di poter avere una situazione sullo stato di salute generale dell’organizzazione.


Dalla nostra esperienza, le survey sullo stato del benessere nelle organizzazioni devono avere alcune caratteristiche:


  • La survey è uno strumento efficace per indagini di clima su platee ampie e/o quando le aree da indagare siano 'sensibili'. Anche la survey in sé può, infatti, rappresentare uno strumento di rilevazione rispetto a un elemento specifico (ad esempio nel caso della DE&I: se le persone non rispondono o non prendono posizioni 'estreme' potrebbe essere indicativo di scarsa inclusività percepita)
  • Generalmente, la survey verte su un tema specifico e dichiarato e i dati vengono raccolti in forma anonima e aggregata.
  • Soprattutto per platee ampie di rispondenti, le domande sono a risposta multipla o per gradi di adesione/riconoscimento. Possono essere affiancate da domande aperte che consentono di raccogliere idee e proposte o di meglio esplicitare il proprio pensiero/sentimento.
  • Pur evitando di ripetere inutilmente domande simili (lo scopo non è la verifica), la survey può anche avere un numero consistente di domande, quando lo richieda il tema o l'esigenza di approfondimento dell'indagine.


Se l’azienda ha un numero di persone contenuto, o se si desideri unire alla survey informazioni più puntuali/verticali su specifici temi o determinate aree aziendali, si possono usare strumenti quali, ad esempio, i focus group o il world cafè.


Il valore del focus group sta nella possibilità di aprire un dialogo generativo con un numero ridotto di persone. La ricchezza del dialogo aggiunge informazioni importanti a un canale di ascolto a una via come la survey. Spesso durante i focus group osserviamo che la condivisione del punto di vista di una persona può aiutare le altre ad aprirsi a nuove prospettive, a vedere aspetti o sfumature che altrimenti non avrebbero colto. Anche in questo caso, i focus group possono già essere un’attività che porta valore in termini di benessere organizzativo. Si possono organizzare focus group con criteri di prossimità geografica o meno. Ogni focus group coinvolge un numero piccolo di persone, suggeriamo un numero compreso tra 10 e 15 persone, in modo tale che il dialogo abbia il giusto spazio per essere tale. E’ bene che il focus group sia guidato da un facilitatore che possiede metodi, strumenti ed esperienza nel farlo.


Se invece si vogliono coinvolgere molte persone, anche provenienti da aree – funzionali, geografiche - diverse in un unico momento di ascolto, uno strumento che fa al caso è il World Cafè. Un processo di ascolto e dialogo strutturato che consente, attraverso l’uso di domande potenti, di far dialogare tanti piccoli gruppi di persone su un tema importante per tutti, attivando così l’intelligenza collettiva della propria organizzazione. Il WorldCafè ha il vantaggio di coinvolgere un numero elevato di persone in un periodo di tempo breve (3 ore), unisce i vantaggi del potere ‘statistico’ delle survey alla velocità di un evento fisico (focus group).


Continuando a esplorare i canali fisici di ascolto (focus group e worldcafè) si potrebbe anche decidere di condurre interviste individuali a un campione di persone (specifico in base a criteri giudicati importanti o rappresentativo della propria organizzazione). Per condurre interviste individuali significative è utile prevedere una serie di domande che possano guidare l’intervista, con la flessibilità di seguire il flusso della conversazione. Un’intervista tipicamente dura un’ora, è importante prepararsi all’ascolto non solo con domande guida ma anche cercando di abbandonare idee/pregiudizi che potrebbero condizionare il modo in cui ascolto le risposte del mio intervistato.


Infine, se si desideri ascoltare ciò che accade nella vita quotidiana della propria azienda, si possono fare dei piccoli Learning Journey. Momenti di osservazione della vita di ogni giorno: una giornata spesa al telefono accanto a un operatore di assistenza Clienti, oppure un giorno in uno dei punti vendita. Guardare ciò che accade senza pregiudizi, ascoltare i colleghi durante i momenti informali di tutti i giorni, potrebbe portare nuove consapevolezze che, dal punto in cui viviamo solitamente l’organizzazione, non sarebbe stato possibile maturare.


In ogni caso, qualsiasi scelta si faccia, al termine dei processi di ascolto è bene prendersi del tempo per riflettere su quanto emerso, costruendo così una visione d’insieme dei fenomeni osservati. Spesso la riflessione mette in luce connessioni, pattern di comportamento, dinamiche che sono fondamentali per costruire piani di azione/risposte ai bisogni ascoltati.


Il nostro suggerimento è quello di costruire, se possibile (se ci sono risorse, strumenti e budget) un piano di ascolto eterogeneo, fatto di un mix degli strumenti di cui abbiamo parlato. Questo consentirà di avere sia una visione generale e statistica del benessere della propria organizzazione, sia evidenze qualitative specifiche su particolari aree dell’azienda.


Terminato il processo di ascolto, non va dimenticato di costruire una sintesi da condividere con tutte le persone che hanno contribuito al processo stesso. Nella nostra esperienza, quando gli adulti danno un contributo si aspettano che venga ascoltato. Condividere la sintesi sarà dimostrazione di un processo di ascolto autentico e attento alle persone, quindi manifestazione di un atto di cura, primo passo nella risposta ai bisogni emersi.


Dopo la condivisione della sintesi del processo di ascolto si potrebbe decidere di aprire a un gruppo di colleghi (selezionati con criteri simili a quelli usati per l’ascolto) la progettazione del piano di azioni per migliorare il benessere organizzativo. Coinvolgere un gruppo di colleghi garantirà di costruire un piano d’azione il più vicino possibile ai bisogni delle persone ascoltate. Inoltre il gruppo di lavoro potrà sostenere e aiutare nel processo di comunicazione e nell’implementazione del piano.​