Il valore del sistema Benefit, oltre il - washing

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Per un fenomeno positivo e al tempo stesso dirompente, per qualcuno argomentare l’autenticità delle proprie azioni è più doveroso che per altri. Nel caso della sostenibilità d’impresa lo è ancora di più perché, negli ultimi mesi, ai casi di sostenibilità di facciata si sono sommate le intenzioni di chi, nonostante l’indole apertamente capitalista, ha fiutato nelle attività sostenibili un business ad altissima marginalità. Un obiettivo per niente banale ma, mai come adesso, alla portata di tutti.

La sostenibilità nel Dna

Il contesto imprenditoriale attuale offre frequenti sollecitazioni alla sostenibilità d’impresa sottolineando in special modo il suo potere comunicativo. Una diffusione, a tratti pervasiva, rafforzata dal proliferarsi di nuovi indici di rating, metriche di misurazione e certificazioni private che confermano il crescente interesse da parte del mercato e della finanza, non garantendo però, sovente, la coerenza e la veridicità delle azioni intraprese.

Inoltre, da un punto di vista normativo, la situazione appare frammentata e in fase di definizione.

È del 29 aprile scorso la notizia che l’EFRAG - European Financial Reporting Advisory Group - ha pubblicato gli standard europei per il reporting di sostenibilità (ESRS, in consultazione sino al prossimo 8 agosto), nell’ambito della proposta di modifica presentata dalla Commissione Europea alla Direttiva sulle informazioni non finanziarie – DNF – che pone le basi per un flusso coerente ed efficiente di informazioni sulla sostenibilità lungo la catena di valore economico-finanziaria.

Ma sostenibilità vuol dire innanzitutto superare la dimensione meramente ambientale, green ed eco-sostenibile, per integrarla in un pensiero imprenditoriale più ampio ed evoluto, in cui la dimensione multipla – ambientale, sociale, etica, di governance e del capitale intangibile - diventi il driver imprescindibile per creare valore misurabile e durevole nel tempo. Sostenibile, per l’appunto.

Il Sistema benefit e la capacità di auto-regolarsi

Non basta più raccontare cosa si sta facendo per il bene del pianeta e dei suoi abitanti. Va dimostrato.

E tra le innumerevoli manifestazioni dell’essere impresa sostenibile, le società Benefit (introdotte in Italia, primo paese in Europa, dalla L. 208/2015) raggiungono tale scopo valoriale, prevedendo che nell’oggetto sociale siano indicate una o più finalità di beneficio comune, da perseguire oltre al profitto. Una dichiarazione cogente, scritta in modo indelebile nel proprio codice genetico e definita, misurata e monitorata all’interno della relazione d’impatto annuale, di pubblico dominio e valutazione.

Nel nostro Paese circa 2.000 società hanno già scelto volontariamente di diventare società Benefit. Un sistema in continua espansione, composto da distretti eterogenei, da attori attivi del cambiamento e capaci di produrre un effetto 'contagio' delle buone pratiche.

E, al fine di arginare i fenomeni di c.d. “washing” (green-, benefit- o blue-), oltre che ad evitare l’autoreferenzialità dell’impatto generato, il sistema Benefit prevede l’applicazione delle disposizioni in materia di pubblicità ingannevole (ex D.Lgs. 145/2007) e del codice del consumo (di cui al D.Lgs. 206/2005) nei confronti di chi non persegua le finalità di beneficio comune o per chi produca claims ingannevoli.

L’AGCM – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato -, dotata di poteri ispettivi, inibitori e sanzionatori, può avviare il procedimento amministrativo di accertamento, oltre che su istanza di soggetti (competitors) e organizzazioni, anche d’ufficio.

Tuttavia, in considerazione delle crescenti segnalazioni di “washing”, sarebbe auspicabile istituire un nuovo organo ad hoc deputato al controllo, specifico ed efficiente, di tali tipologie di condotte.

Oppure, ipotizzando una rielaborazione in chiave sostenibile del c.d. 'whistleblowing' in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs 231/2001, incoraggiare la creazione di un sistema che stimoli le segnalazioni (prevenendo, quindi, la denuncia), garantendo, da una parte, l’anonimato del segnalante, e dall’altra parte la motivazione e la fondatezza dell’istanza.

Un sistema capace di proteggersi ed auto-regolarsi, facendo riscoprire la dimensione civile e contributiva del fare impresa.