Benessere organizzativo e intelligenza collettiva

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Benessere organizzativo e attivazione dell'intelligenza collettiva sono due fenomeni connessi, per il bene delle persone ma anche dell'impresa.


Cos'è il benessere organizzativo?


L'Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1948 definiva la salute come "lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”.


Avallone e Bonaretti ne loro libro "Benessere organizzativo" edito nel 2003, come “la capacità di un'organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione". 

Se consideriamo che una persona adulta attiva trascorre almeno un quarto – spesso molto di più - del suo tempo di veglia lavorando, è facile comprendere come gran parte della soddisfazione della sua vita dipenda direttamente dalle sue condizioni di lavoro e dalle caratteristiche del lavoro stesso. 

Il modo in cui i collaboratori vivono la relazione con l'azienda di cui fanno parte incide notevolmente anche sulla loro motivazione, perché il senso di appartenenza all'organizzazione, la condivisione dei valori e della cultura conferiscono significato all'attività di ognuno.

Il benessere organizzativo, nella maggior parte delle ricerche, sembra essere direttamente correlato anche alla possibilità di partecipare con proprie idee e contributi alla co-costruzione di cose importanti per l'organizzazione o la comunità. Una delle modalità con le quali le persone possono partecipare è l'attivazione di processi di intelligenza collettiva e di ricerca di soluzioni condivise ai problemi.

Cos'è l'intelligenza collettiva? 


Scrive il filosofo Pierre Levy :- «Nessuno sa tutto, ognuno sa qualcosa. La totalità del sapere risiede nell'umanità [...] Intelligenza collettiva è questa capacità delle comunità (virtuali) di far leva sulla competenza. Quel che non possiamo sapere o fare da soli, possiamo essere in grado di farlo collettivamente». 

L'intelligenza è distribuita dappertutto, dovunque c'è umanità, e la si può valorizzare al massimo mettendola in sinergia: se qualcuno sa qualcosa qui e qualcun'altro sa un'altra cosa là e le loro conoscenze sono complementari, possono entrare in comunicazione l'uno con l'altro, scambiare il loro sapere, cooperare.

Perché questo accada è necessario sviluppare nelle persone e nei gruppi alcune sensibilità e capacità che rendono il lavoro fluido, entusiasmante e produttivo.

Bottega Filosofica è, per vocazione, al fianco delle aziende e delle altre organizzazioni che vogliono prendersi cura dell'evoluzione delle proprie competenze e della costruzione e mantenimento di un ambiente di lavoro sereno e capace di creare benessere. Un ambiente di lavoro in cui sono favoriti la creatività e l'orientamento al risultato in una logica non individualistica e nel quale ciascun*, sentendosi inclus*, senta il desiderio di partecipare allo sviluppo e alla crescita dell'organizzazione e abbia modo di farlo costantemente.

Energia, competenza, motivazione, consapevolezza – di sé e del mondo – e capacità di confronto costruttivo diventano quindi fattori indispensabili per evolvere come persone, come organizzazioni e come persone nelle organizzazioni. 

Noi di Bottega Filosofica facciamo costantemente ricerca e lavoriamo al design - soprattutto come co-design - e alla realizzazione di progetti che sviluppino competenza e consentano di fare esperienza in tali ambiti. 

Cosa fare


A proposito di benessere organizzativo e intelligenza collettiva ci sembra interessante raccontare brevemente, attraverso alcuni esempi di interventi realizzati per aziende clienti, cosa è utile fare e come possono essere usati in maniera efficace convolgente ed efficace i metodi e gli strumenti del group coaching e del team coaching come 'format' per all'interno dei quali promuovere e sperimentare intelligenza collettiva, ascolto reciproco, problem solving condiviso e altri elementi che generano benessere organizzativo oltre che buoni risultati aziendali.

Intelligenza collettiva come risorsa

Un primo progetto di cui ci piace parlare è quello che abbiamo chiamato "Accendere l'intelligenza collettiva". Lo abbiamo realizzato per una azienda cliente di medie dimensioni che ci ha aveva chiesto di attivare, per i suoi manager, un processo di sviluppo, con modalità esperienziali, di alcune competenze evolute di tipo sistemico, ritenendole indispensabili per ottenere buoni risultati nelle situazioni ad alta complessità nelle quali si trovava ad operare.

Un'esigenza, potremmo dire, emergente in misura sempre maggiore in tutte le organizzazioni di questo nostro XXI secolo, soprattutto dopo la crisi sistemica che stiamo attraversando, anche se non molte ne sono ancora consapevoli.

L'azienda, inoltre, ci aveva manifestato il desiderio di contribuire, con il progetto, a mantenere un alto livello di benessere percepito all'interno dell'organizzazione considerandolo un bene prezioso per i risultati aziendali complessivi.

Nel progetto "Accendere l'intelligenza collettiva" abbiamo quindi messo particolare cura nel creare situazioni di apprendimento e di scambio in grado di:

  • aiutare ciascun membro del gruppo a prendere consapevolezza di 'come si formano' i pensieri, suoi e degli altri, e di come si possono esprimere in maniera costruttiva, generativa, rispettosa ed efficace
  • sviluppare, nei membri del gruppo, la sensibilità sociale ovvero la capacità di leggere le espressioni e le emozioni degli altri
  • dare al gruppo l'opportunità di allenarsi a praticare l'equilibrio nella partecipazione alla conversazione facendo esperienza del fatto che gruppi in cui una sola persona domina la conversazione sono meno intelligenti dei gruppi in cui la partecipazione alla conversazione è distribuita tra tutti
  • sviluppare la capacità di cooperare nell' identificare, definire, ricercare e mettere in pratica soluzioni a questioni problematiche reali
  • aiutare a migliorare l'efficacia del proprio lavoro e far sperimentare il piacere della costruzione comune di un'idea, di una soluzione.

Utilizzando un mix di metodi e strumenti di group coaching, di metodologie sistemiche e di tecnologie sociali partecipative è stato quindi possibile in maniera pienamente soddisfacente alle esigenze del cliente e, nella logica dell'action learning, anche contribuire ad affrontare alcune questioni critiche per l'azienda in quel momento trovando, con il gruppo, soluzioni nuove ed efficaci in quanto auto-generate e condivise.

Il lavoro fatto insieme ha, inoltre, fatto crescere la consapevolezza dei manager rispetto all'impatto dei propri comportamenti sul benessere organizzativo complessivo e dato loro strumenti per continuare ad operare in autonomia, come singoli e come gruppo, nei nuovi modi sperimentati insieme.

Metodo del consenso e prevenzione di possibile 'malessere' organizzativo

Un secondo progetto era dedicato a imparare l'arte di 'tessere la tela del consenso' e lo abbiamo sviluppato per un'azienda che aveva da poco concluso una serie di acquisizioni di alcune realtà più piccole e desiderava che il nuovo team manageriale che si era venuto a creare imparasse a prendere decisioni in maniera sistemica e condivisa. Anche questa azienda aveva a cuore che il processo di integrazione avvenisse in maniera da non generare 'malessere' né nelle persone, né nell'organizzazione.

Abbiamo quindi deciso di formare i manager all'ascolto reciproco e al metodo del consenso realizzando un design dell'intervento che consentisse loro di farne concreta esperienza in un ambiente 'sicuro' in cui costruire quella fiducia reciproca indispensabile per il successo dell'operazione di ampliamento del perimetro aziendale e per prevenire eventuali possibili fratture tra 'vecchi' e 'nuovi', cosa che molto facilmente avviene nelle fusioni e acquisizioni quando non ci si prende sufficiente cura degli aspetti 'soft' e delle emozioni in campo.

Il metodo del consenso é un processo decisionale particolarmente efficace quando ci sia una molteplicità di interessi da compenetrare e la necessità di coinvolgere e attivare le energie di tutti i soggetti coinvolti. In esso le decisioni si considerano prese quando tutti i partecipanti al gruppo, assumendo un atteggiamento cooperativo e uscendo dalla dinamica vinci/perdi, pervengono a una proposta condivisa. Ciò non significa accordo totale in quando il metodo punta a far convivere le differenze, non a eliminarle. Il singolo ha il potere e la responsabilità di sollevare i problemi, il gruppo ha la responsabilità e il potere di riconoscerli e risolverli.

In questo caso le pratiche tipiche del team coaching hanno ben supportato:

  • costruire la fiducia stimolando la capacità di esaminare in modo critico i propri atteggiamenti e di apprezzare le differenze culturali e personali
  • sviluppare un atteggiamento di rispetto e ascolto reciproco imparando a distinguere tra una posizione e la persona che la assume
  • comprendere e condividere i reali obiettivi del gruppo
  • apprendere come agire nel rispetto delle diversità e delle differenze persuadendo gli interlocutori in virtù della bontà del proprio punto di vista
  • riconoscere il proprio potere (self empowerment) e assumere le proprie responsabilità evitando di delegare acriticamente o di affidarsi ad autorità ed esperti esterni
  • gestire positivamente il conflitto affinché non blocchi il processo e diventi occasione di crescita
  • partecipare attivamente e sviluppare la capacità di agire creativamente, per condividere potere, capacità, informazioni.


Problem solving efficace, problem setting e condivisione

Una terza pista di lavoro è spesso, per noi di Bottega Filosofica, quella dello sviluppo della capacità di strutturare percorsi di problem solving condiviso basati su una corretta, e anch'essa condivisa, definizione dei problemi.

Un vero 'invito a nozze' per noi filosofe!

L'intelligenza non sta, infatti, soltanto nella capacità di risolvere problemi, ma anche nella capacità di individuarli e di definirli (problem finding e problem setting), il che implica, tra l'altro, la capacità di distinguere i veri dai falsi problemi.

E' importante, quindi, favorire l'attitudine generale della mente a porre e a risolvere i problemi e quella a dialogare per ampliare il singolo punto di vista e co-costruire un pensiero condiviso rispetto alle questioni in campo e alle soluzioni possibili.

Il problem setting è, a nostro parere, la fase più critica del processo di problem solving perché occorre essere interessati e disponibili a mettere in discussione le cose note, a 'ripensare il pensato', a guardare il problema da diversi punti di vista per poterlo inquadrare sui diversi aspetti implicati.

Per questo un apposito percorso che utilizzi le modalità del group e del team coaching può essere molto prezioso per:

  • approfondire tutte le fasi di un corretto ed efficace processo finalizzato alla soluzione di un problema esplorandone tutti i passaggi e i principali strumenti a disposizione per realizzarli
  • acquisire sensibilità e competenze per svolgere efficacemente l'intero processo
  • allenarsi attraverso la soluzione di problemi reali dei partecipanti e/o dell'organizzazione di appartenenza svolgendo tutte le fasi del processo del problem solving creativo e lavorando sui feedback in maniera tras-formativa per far emergere dal gruppo buone decisioni.

In sintesi

Gli interventi che ho brevemente illustrato sono stati realizzati in una modalità mista tra 'in presenza' e 'a distanza' utilizzando le opportunità fornite dal web anche prima che la pandemia degli ultimi anni portasse tutte le iniziative completamente a distanza.

Già da tempo, infatti, ci stavamo sperimentando nell'offrire opportunità in modalità 'a distanza' (come sono, nativamente, la maggior parte dei percorsi offerti dalla nostra SIA academy) convinte - anche in virtù della nsotra lunga esperienza di comunità di pratica globali) che si possano disegnare e creare situazioni di apprendimento di qualità anche in luoghi virtuali che consentano connessione profonda, coinvolgimento attivo, partecipazione e sperimentazione.

Generando, quindi intelligenza collettiva - ma anche facendo esercizio di quella che il sociologo Derrick de Kerckhove chiama 'intelligenza connettiva' - e maggiore benessere organizzativo.

 

L'immagine è un'opera di Hilma af Klint: Altarpiece No. 1, Group X del 1915