Coaching, di cosa parliamo?

condividi l'articolo su:

Cos'è per me il coaching? Cosa intendo per coaching?


Assecondando la mia inclinazione filosofica che mi porta all’indagine preliminare sul concetto a partire dal linguaggio, ritengo valga la pena, quindi, spendere qualche parola su quello che comunemente sembra intendersi per ‘coaching’.


Per far questo adotteremo un approccio fenomenologico, ovvero osserveremo ‘a mente sgombra’ e senza pre-giudizi quello che c’è in campo.
Innanzitutto va ricordato che con l’espressione ‘coaching’, allo stato attuale, ci si può riferire, quasi indifferentemente a

  • un servizio,
  • un processo/metodo
  • un approccio

e questo costituisce un elemento di grande disorientamento e malinteso. Dal punto di vista, generico, del servizio spesso viene chiamato coaching (un po’ per moda) qualsiasi ‘allenamento’ assistito da un ‘allenatore’, il coach, appunto.


Questo, a mio parere, ha dato vita alla più grande confusione in quanto non necessariamente tutti quelli che si propongono come ‘allenatori’ in qualche disciplina o attività - e quindi si definiscono coach - adottano poi il metodo diffusamente chiamato coaching o l’approccio che ne è scaturito.


Molte volte coach si autodefinisce semplicemente qualcuno che dà consigli su un determinato argomento e, non sempre ma spesso, verifica periodicamente i risultati raggiunti. Oppure, altrettanto frequentemente, si definisce coaching qualsiasi intervento di carattere motivazionale.


Un gran numero di soggetti che si definiscono coach sono esclusivamente motivatori e usano strumenti e tecniche che non rispettano i principi del coaching inteso come metodo/processo.


Il coaching professionale


Veniamo, quindi, al coaching professionale, ovvero praticato da un/una professionista formato e accreditato da un ente autorevole (noi tutte in Bottega filosofica siamo senior coach accreditate da EMCC - European Mentoring & Coaching Council o da ICF - International Coaching Federation).


‘Coaching’, è la parola che - mutuandola dall’ambito sportivo - ha utilizzato, all’inizio degli anni ‘70 Timothy Gallwey, un famoso pedagogista di Harvard, per indicare un processo di affiancamento/allenamento efficace in quanto aiuta la persona a migliorare la propria ‘performance’ attraverso una maggiore consapevolezza di sé e l’assunzione di una responsabilità personale verso i propri risultati.


Nel suo libro The Inner Game of Work, dimostra come, di qualsiasi performance si tratti, il nostro avversario più grande non si trovi dall’altra parte della rete, ma sempre dentro di noi. Per questo ‘coaching’ è per lui l’arte del creare un ambiente, attraverso una conversazione e un modo di essere, che facilita il processo di realizzazione degli obiettivi desiderati.


L'EMCC (European mentoring & Coaching Council) definisce il coaching "un processo professionalmente guidato che ispira i clienti a massimizzare il loro potenziale personale e potenziale professionale. È un processo strutturato, mirato e trasformativo, che aiuta i clienti a vedere e testare modi alternativi per migliorare la competenza, il processo decisionale e la qualità della vita. Coach e cliente lavorano insieme in una relazione di partenariato in termini strettamente confidenziali. In questa relazione, i clienti sono esperti a livello di contenuti e decisioni; il coach è un esperto nel guidare professionalmente il processo".


La ‘conversazione’ di cui parla Gallway, quindi, avviene secondo un metodo/processo di base che, a prescindere dalle innumerevoli declinazione di Scuola e personali, rispetta alcuni principi fondanti e alcune fasi fondamentali e riconoscibili.


Fermo quanto detto, il coaching come metodo/processo si può poi ispirare a due differenti matrici culturali: una americana, legata alla metafora del coaching sportivo, più orientata all’obiettivo di breve termine, più pragmatica e finalizzata al risultato; un’altra europea legata all’approccio maieutico di Socrate, centrata sul processo e sugli obiettivi di lungo termine, più profonda, che va oltre la performance e implica una ricerca di conoscenza più ampia, tesa a favorire la crescita della persona nel suo complesso.


Il coaching come processo

In sintesi, possiamo dire che i punti fermi del coaching come metodo/processo, al di là della matrice culturale di appartenenza e della diversità di stile del coach, sono:

  • la personalizzazione e la conseguente flessibilità e velocità: si focalizza sulla persona, sui desideri, sui punti di forza e di miglioramento e sul raggiungimento degli obiettivi personali e professionali
  • la pragmaticità e la concretezza: si basa sull’esperienza e sulla relazione per individuare e imparare a realizzare strategie personali e professionali efficaci
  • la ricerca di consapevolezza, la responsabilizzazione e la proattività della persona: il coach aiuta il coachee a diventare cosciente e a tirare fuori le proprie potenzialità e il proprio spirito di iniziativa per essere responsabile e capace di individuare gli obiettivi e realizzare, in qualsiasi ambito, i risultati che vuole raggiungere
  • Il coach non dà soluzioni e consigli ma aiuta il coachee a trovare le proprie soluzioni e le proprie strategie per realizzarle
  • la costruzione di una relazione di partnership e di alleanza - quindi una relazione tra pari - tra coach e coachee. Il coach, nella relazione di coaching, si propone come esperto di metodo non come esperto di contenuto (anche se poi magari lo è anche di questo)
  • la riflessione e la riflessività, come meta-competenza da sviluppare e praticare all’interno del percorso di coaching.


Il coaching come approccio

Dagli elementi sopra citati come distintivi del coaching come metodo/processo scaturisce il terzo modo di utilizzare l’espressione ‘coaching’ ovvero quello riferito all’approccio.


Per ‘approccio di coaching’ viene comunemente inteso l’atteggiamento (la postura) adottato, per esempio, da un consulente verso il suo cliente, da un capo verso un collaboratore, da un genitore verso un figlio, nel modo di impostare e condurre la relazione.


In particolare parliamo di ‘approccio di coaching’ quando la finalità perseguita è quella di aiutare, maieuticamente, l’interlocutore a trovare la propria lettura del problema e le proprie soluzioni, a sviluppare contemporaneamente consapevolezza di sé e del contesto e ad assumere una responsabilità personale rispetto all’individuazione di obiettivi e al raggiungimento di risultati.


Adottando un ‘approccio di coaching’ il consulente, o capo o genitore, o altro, si ‘limita’ a supportare il cliente, o collaboratore, o figlio o interlocutore nella sua ricerca senza intervenire, in maniera prescrittiva, con le proprie visioni, interpretazioni e soluzioni.


Conclusioni

E’ molto importante, quindi a mio parere, che chi cerca o si rivolge a un coach sia consapevole della varietà e molteplicità sopra descritta per poter valutare opportunamente l’offerta sul mercato e scegliere in maniera opportuna in relazione alle proprie esigenze, senza correre il rischio di sprecare tempo e denaro.