Come può un business diventare etico

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Può il business essere etico?


Come società benefit, certificata B Corp, la nostra risposta è "naturalmente sì” perché abbiamo fatto la scelta di coniugare profitto e 'beneficio comune' molti anni fa.

Come consulenti di aziende di differenti dimensioni, la risposta è "sì, non sempre consapevolmente” perché assistiamo spesso a comportamenti virtuosi mossi da valori personali di chi li agisce o frutto di prassi aziendali consolidate.

Spesso, non sempre.


E, del resto, nell'immaginario comune, business profittevole fa subito pensare al Jordan Belfort del film "The Wolf of Wall Street" di Martin Scorsese.


Fortunatamente, si tratta della versione romanzata di una storia (purtroppo vera) di un'altra epoca e di un altro Paese.

Per la storia del nostro Paese e per i valori che, mediamente, ci guidano, coniugare profitto e bene comune è un'impresa alla portata delle nostre imprese.

Non va sottovalutato, però, che, per ottenere questo risultato, si debba fare attenzione ad alcuni elementi.


Benessere diffuso


Nel mondo benefit parliamo di ‘beneficio comune’ per significare che un' impresa si impegna a condividere i vantaggi del proprio esistere e agire.

Non si tratta di filantropia o beneficenza, né di redistribuzione degli utili o di giornate di volontariato aziendale.

Si tratta di agire perché l'azienda, nel suo prosperare, porti benessere - oltre che al(la) su* titolare o agli/alle azionisti - anche a tutti gli altri soggetti sui quali queste azioni hanno un impatto.


Benessere esterno


Tra questi soggetti c'è sicuramente la clientela rispetto alla quale un'azienda etica deve essere attenta a:


  • risolvere un problema o soddisfare un bisogno reale, senza averlo generato lei stessa.

Non si tratta di soddisfare solo bisogni primari. Anche realizzare un prodotto esteticamente ricercato o qualitativamente alto soddisfa un bisogno umano importante: il piacere di avere qualcosa di bello e pregiato.

Allo stesso modo, l'offerta di un servizio personalizzato e agevolmente fruibile dall'utente, soddisfa il bisogno di sentirsi ascoltat* e compres* nelle proprie esigenze.


  • risolvere un problema e/o soddisfare un bisogno senza generarne altri.

Ovvero sviluppare prodotti e servizi finiti in sé, per la cui fruizione non siano necessari ulteriori acquisti.


  • essere trasparente rispetto alla propria filiera produttiva o di servizio e alla propria governance interna per consentire acquisti consapevoli.


Allo stesso modo, ci sono le imprese fornitrici rispetto alle quali un business etico richiede di:


  • non abusare della propria posizione per ottenere sconti che possano rendere poco sostenibile il rapporto.
  • non promuovere comportamenti anti-etici (per esempio in danno di dipendenti o ambiente) in cambio di prezzi di favore


  • sviluppare relazioni nel tempo che creino beneficio condiviso e duraturo


In fine, ma non ultime, le comunità.

Le comunità sono quelle che vivono nel territorio dove l'azienda ha sede e sulle quali – quindi - l'azienda ha un impatto, anche se non le comprano né vendono niente.


Un'azienda etica si relaziona con le comunità del territorio (anche, ma non solo, attraverso gli organi istituzionali) cercando di integrarsi con esse.


E comunità sono anche le famiglie delle persone che nell'impresa lavorano e sulle quali le scelte economiche e organizzative dell'azienda hanno un impatto significativo.


Benessere interno


Esiste una letteratura smisurata, frutto di decenni di ricerche in campo economico, sociale e scientifico, a sostegno della tesi per cui il benessere e la produttività sono direttamente proporzionali.


Il rispetto della salubrità dell'ambiente di lavoro e dell'adeguatezza delle retribuzioni, rende un'impresa legale.


Un 'impresa etica sa che il benessere delle persone va oltre questi elementi che - per altro - nel 21° secolo vorremmo poter definire scontati.


Un business etico sa anche che un buon piano di welfare o un CRAL molto attivo sono certamente benefici graditi ma non sufficienti a generare benessere per tutti e tutte.


Questo perché il benessere è uno stato psico-fisico non sempre monetizzabile.


E allora cosa?


Per esempio:


  • condivisione dei valori e del purpose dell'azienda (motivo per cui esiste) e - più di tutto - comportamenti coerenti e conseguenti
  • coinvolgimento e responsabilizzazione. Quando i valori di fondo sono chiari, quando gli obiettivi complessivi e di lungo periodo sono esplicitati, le persone che devono attuarli sono più consapevoli e sentono la responsabilità del proprio contributo, per piccolo che possa essere.

Questo genera una percezione di utilità che fa sentire bene e da senso al proprio agire quotidiano.

  • concrete opportunità di sviluppo personale e professionale, anche al di là delle esigenze contingenti dell'azienda.


Sir Richard Branson ha detto “Fai crescere le persone al punto che potrebbero andare via e trattale così bene che non vorranno farlo”.





Attenzione per l'ambiente


Un business etico si distingue da un business ‘distratto’ anche sotto il profilo dell'attenzione per l'ambiente.

Anche in questo caso, il rispetto delle norme è la premessa indiscutibile.

Ciò a cui ci riferiamo è un atteggiamento complessivo che rispecchia un’attitudine mentale.


Si tratta di passare da una visione ego-sistemica, in cui l'azienda è proiettata solo al proprio interno, al proprio profitto, alla propria organizzazione alla propria storia che - per quanto lunga - è comunque 'finita', a una visione eco-siste­mica in cui l'azienda è consapevole di essere una parte (più o meno grande) di un sistema estremamente più grande e complesso con il quale - con diversi livelli di consapevolezza - interagisce continuamente influenzandolo ed essendone influenzata.


Ecco allora che un business etico diviene consapevole


  • che le proprie scelte di oggi avranno effetti sul clima che dureranno decenni
  • che il consumo delle materie di oggi impatterà sulle scorte disponibili per diverse generazioni a seguire
  • che gli effetti dell'inquinamento nel suo Paese hanno conseguenze anche in territori lontani migliaia di chilometri
  • che, come abbiamo già detto, le scelte interne non hanno effetti solo su clienti, fornitori e dipendenti ma anche su clienti, fornitori e dipendenti dei propri clienti e fornitori, sulle famiglie dei/delle dipendenti (tutte) e sulle comunità territoriali proprie e di tutti questi soggetti, con un effetto domino che può generare ricadute estremamente positive come disastrose.


Investire in innovazione


L'innovazione è un tema cruciale per le aziende oggi. Da un lato consente loro di stare e prosperare nel mercato e dall'altro rappresenta una voce di spesa da gestire con lungimiranza, senza lasciarsi incantare dalle “sirene” del momento, ma senza rimanere incatenate a modelli superati.


Quando parliamo di innovazione ci riferiamo - naturalmente - a quella tecnologica e digitale ma non solo.

Ce ne è un secondo tipo senza il quale il primo rischia di fallire: l'innovazione di processo.


Non solo il processo produttivo sul quale l'innovazione tecnologica agisce direttamente, ma i processi decisionali e organizzativi.


Che senso ha investire in una tecnologia che dimezza i processi realizzativi se tutto il resto, prima e dopo, è lento e farraginoso?


Perché l'investimento tecnologico porti davvero un beneficio consistente e duraturo occorre che i processi a monte e a valle evolvano coerentemente.


Fin qui siamo alle riflessioni di un business 'saggio'.


Un business etico fa anche altre considerazioni.

Prima fra tutte: le aziende sono, anzitutto e soprattutto, fatte di persone.


Le stesse persone che l'innovazione la ricevono, la devono applicare e utilizzare e sulle quali l'innovazione ricade.


È estremamente utile che l'innovazione tecnologica sia preceduta e accompagnata da un intervento di tipo culturale che:


  • consenta alle persone di guardare al lungo periodo con la stessa visione di chi ha deciso l'innovazione, senza sentirsi minacciate nel proprio ruolo o, peggio, nella permanenza del proprio posto di lavoro
  • favorisca l'emersione di paure e perplessità così che possano essere manifestate, ove possibile rasserenare e gestite, perché non si verifichino fenomeni di (in)consapevole sabotaggio
  • promuova lo scouting di competenze all'interno dell'organizzazione, anche facilitando cambi di ruolo e funzionali, che consentano l'emersione delle migliori potenzialità (e prestazioni) di ciascuno e ciascuna nel nuovo assetto organizzativo
  • valorizzi (non solo economicamente) la formazione e l'auto formazione di chi voglia aggiornare le proprie competenze coerentemente con l'evoluzione aziendale o lo abbia già fatto, per interesse personale, all'insaputa della sua organizzazione.


Sostenere la formazione


Non solo quella obbligatoria, non solo quella legata all' innovazione e non solo quella necessaria all'adempimento dei propri compiti.


Lo abbiamo accennato a proposito del benessere: il contributo allo sviluppo delle persone è una manifestazione di come profitto e bene comune possano non solo convivere, ma alimentarsi a vicenda.


Come?


Se l'azienda chiedesse a ogni persona al suo interno un argomento sul quale vorrebbe sapere di più, essere più competente, anche solo per passione artistica, ludica o di conoscenza, e poi contribuisse alla sua crescita su quell'argomento, ciascuna di quelle persone:


  • si sentirebbe riconosciuta e ascoltata
  • nutrirebbe gratitudine
  • sarebbe più soddisfatta di sé e della propria organizzazione
  • cercherebbe - e quasi sempre troverebbe - un modo per riversare, anche in direttamente, le nuove conoscenze in azienda a beneficio della collettività.


Il risultato - ne siamo testimoni - è un ambiente di lavoro più positivo e propositivo in cui

  • si riduce lo scollamento tra vita professionale e vita privata
  • la contaminazione di esperienze e competenze porta idee innovative e soluzioni originali
  • aumenta l'efficacia che, più dell'efficienza, è legata allo stato di benessere emotivo e al desiderio di contribuire, e - di conseguenza - il profitto.


Coinvolgere le scuole


Un detto dei nativi americani recita: “Non abbiamo ereditato la terra dai nostri padri. La abbiamo presa in prestito dai nostri figli”.


Un business etico ha introiettato questa massima di saggezza e guarda al proprio agire di oggi pensando al segno che lascerà alle generazioni future.

Un business etico è anche perfettamente consapevole che i/le giovani, seppure - per ragioni anagrafiche - con poca esperienza, hanno una serie di vantaggi competitivi che vale la pena di valorizzare il prima possibile:


  • convivono con la tecnologia e la digitalizzazione da sempre, così come con le sue rapide evoluzioni
  • sono cittadini del mondo e vivono la globalizzazione come un'opportunità di confronto e scambio
  • non hanno barriere linguistiche e culturali (etniche, religiose, di genere, ...)
  • sono molto consapevoli e attenti alle conseguenze di un agire non etico (cambiamenti climatici, giustizia sociale, equità)


Ultimo ma non ultimo, sono gli acquirenti e la classe dirigente di domani.


Perciò è importante che le aziende si relazionino con i giovani attraverso le scuole (anche oltre i progetti di alternanza) per raccontarsi e farsi raccontare, non in logica di marketing ma di crescita comune.


Queste sono alcune delle aree di attenzione per un business che vuole diventare etico.

Non tutte ma – pensiamo -  quelle che consentono di portare risultati significativi, misurabili e di lungo periodo.