Filosofia nelle organizzazioni

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Fare filosofia nelle organizzazioni e con le organizzazioni è l'ambizione e la vocazione di Bottega Filosofica. Nel nostro nome infatti è racchiuso proprio questo intento, essere e promuovere il modello dell'impresa in grado "pensare bene per generare valore per tutti" ovvero di riflettere adeguatamente su se stessa e sui contesti per agire meglio e conseguire migliori risultati per se stessa e 'per il Mondo'. 

Cos'è

La filosofia nelle organizzazioni è, quindi, qualcosa di oltremodo concreto. E si, perché non si tratta né di pensiero astratto né dell'elaborazione di teorie. Non che questo non sia utile e anche opportuno, qualche volta ma qui parliamo soprattutto della filosofia praticata e con questa espressione  mi riferisco, in generale, a un operare in stile filosofico nelle situazioni problematiche della vita quotidiana, personale e professionale adottando l'analisi critica, le pratiche riflessive e argomentative, l'attenzione alle tonalità affettive del pensare e dell’agire.
Le organizzazioni che apprendono si basano, anche se spesso ciò rimane un implicito, sulla capacità dei manager e delle persone in genere di riflettere sulle 'teorie in uso', sui presupposti del proprio agire e di apprendere dall’esperienza attraverso la sua concettualizzazione.

Fare filosofia nelle organizzazioni significa, pertanto, coltivare e accrescere la capacità di costruire ampie cornici di senso nelle quali gli individui possano inscrivere la loro esperienza, gestire situazioni complesse, produrre analisi epistemologiche dei vari saperi messi in campo nell’affrontare la realtà. Per fare questo è indispensabile adottare un approccio trasversale e multidisciplinare e uno sguardo davvero sistemico.


Quando le persone e le organizzazioni esprimono una domanda di saggezza pratica, una domanda che riguarda il 'cosa fare', questa spesso investe anche il 'come pensare il cosa fare', costruire, ben costruire - dal punto di vista del processo -il pensiero che orienta l’azione efficace.

"E’ necessario promuovere una conoscenza capace di cogliere i problemi globali e fondamentali per inscrivere in essi le conoscenze parziali e locali. […] E’ necessario sviluppare l’attitudine naturale della mente umana a situare tutte le informazioni in un contesto e in un insieme.

E’ necessario insegnare i metodi che permettano di cogliere le mutue relazioni e le influenze reciproche tra le parti e il tutto in un mondo complesso. Insegnare la condizione umana […] riconoscere l’unità e la complessità dell’essere umano riunendo e organizzando le conoscenze disperse nelle scienze della natura, nelle scienze umane, nella letteratura e nella filosofia. […] Insegnare l’identità planetaria. Insegnare la comprensione che è nel contempo il mezzo e il fine della comunicazione umana. […] L’etica deve formarsi nelle menti a partire dalla coscienza che l’umano è allo stesso tempo individuo, parte di una società, parte di una specie. […] Questa è la base per un’antropo-etica o etica del genere umano". (E. Morin, I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina, 2001)

E' sempre più necessario, oggi, ricomporre le fratture tra pensiero umanistico e pensiero scientifico, fondando un nuovo approccio sistemico ai problemi, basato sulla complessità e sulla responsabilità.

Il metodo

La filosofia praticata si realizza mediante pratiche – rivolte sia agli individui che alle organizzazioni – grazie alle quali è possibile affrontare le implicazioni filosofiche della vita organizzativa e affrontare temi, centrali per la teoria e la pratica della leadership e del management, che presentano una evidente natura filosofica.

Nelle organizzazioni e nelle altre dimensioni collettive e comunitarie, si 'fa filosofia' quando si è in grado di trattare filosoficamente questioni che emergono dall’esperienza comune, dal mondo della vita e di stimolare, nei contesti organizzativi e sociali, gli atteggiamenti e gli approcci riflessivi che caratterizzano peculiarmente la filosofia.

La pratica riflessiva

Cos’è la pratica riflessiva? Nello specifico parliamo della "capacità di riflettere su un'azione in modo da impegnarsi in un processo di apprendimento continuo" (D. Schön, Il professionista riflessivo, Edizioni Dedalo, Roma 1993)

Il termine ‘reflective’ - riflettere - sta a indicare un’azione rivolta sia verso se stessi che verso l’esterno, esattamente come in italiano. Riflettere significa in primo luogo esercitare il 'pensiero critico' ovvero la capacità - così identificata a partire dalla filosofia classica - di pensare in modo chiaro e razionale e di comprendere i nessi logici tra le idee, andare oltre l'apparenza, mettere in discussione credenze, idee, presupposti.

Chi ha capacità di pensiero critico è in grado di:

  • comprendere i legami tra le idee
  • determinare l'importanza e la rilevanza degli argomenti e delle idee
  • riconoscere, costruire e valutare argomentazioni e identificare incongruenze ed errori di ragionamento
  • affrontare i problemi in maniera sistemica, sistematica e coerente
  • riflettere sulle argomentazioni a supporto delle proprie ipotesi, credenze e valori.

Il pensiero critico, allora, è quel modo di pensare - su qualsiasi argomento, contenuto, o problema - in cui chi pensa migliora la qualità del suo pensiero prendendosi cura di 'come pensa',  adottando sapientemente le strutture del ben pensare e imponendosi degli standard intellettuali da rispettare.

Pertanto, "una persona che pratichi un pensiero critico ben coltivato:

  • solleva questioni e problemi vitali, formulandoli in modo chiaro e preciso
  • raccoglie e valuta le informazioni rilevanti, utilizzando idee astratte per interpretarle in modo efficace giunge a conclusioni e soluzioni ben ragionate, testandole in base a criteri e standard pertinenti;
  • pensa in modo aperto all'interno di sistemi di pensiero alternativi, riconoscendo e valutando, se necessario, i loro presupposti, le implicazioni e le conseguenze pratiche
  • comunica efficacemente con gli altri per trovare soluzioni a problemi complessi.

Il pensiero critico è, in breve, un pensiero auto-diretto, auto-disciplinato, auto-controllato e auto-correttivo. Presuppone l'adesione a rigorosi standard di eccellenza e la padronanza consapevole del loro uso. Comporta un'efficace capacità di comunicazione e di risoluzione dei problemi e l'impegno a superare il nostro egocentrismo e il nostro sociocentrismo nativo".  (Richard Paul e Linda Elder, The Miniature Guide to Critical Thinking Concepts and Tools, Foundation for Critical Thinking Press, 2008).

Ora, se la capacità di pensare a quanto accade, o è accaduto, è insita nell’essere umano, tuttavia, c’è una significativa differenza tra il 'pensiero' casuale e una 'pratica riflessiva'. La pratica riflessiva infatti, richiede un impegno a pensare consapevolmente a un evento sviluppando intuizioni (insights) in merito ad esso.

La relazione tra apprendimento esperienziale e pratica riflessiva è stato oggetto di approfondimento da parte di vari studiosi dopo John Dewey. Tra questi Chris Argyris che ha coniato l’espressione ‘double loop learning’ (apprendimento a doppio anello) per spiegare come la riflessione consenta di fare anche un passo al di fuori del 'single loop' costituito da 'fare esperienza, riflettere, concettualizzare, applicare' andando in un secondo ciclo di riflessione che permette di riconoscere un nuovo paradigma e riformulare le proprie idee per cambiare ciò che si è fatto fino ad allora.

Per Donald Schön, lo sviluppo professionale inizia davvero quando una persona inizia a vedere le cose attraverso una lente critica, mettendo in dubbio le proprie azioni. Il dubbio determina un modo di pensare che pone domande e configura le situazioni come ‘problemi’ da analizzare sistematicamente. In tal modo si costruisce la conoscenza di una situazione e si diventa capaci di pensare alle diverse situazioni possibili e ai loro esiti per valutare, criticamente, quali azioni sia meglio intraprendere.

Gli obiettivi

Tutte le persone all'interno di una learning organization, e in particolare, chi ha responsabilità di guida e di sviluppo di altri, si rendono conto che per quanto si possa essere abili come pensatrici, c'è sempre spazio per migliorare le proprie capacità di ragionamento. E con umiltà riconoscono che inevitabilmente anche loro, a volte, cadranno preda di errori di ragionamento, di irrazionalità, idee preconcette, pregiudizi, distorsioni, regole sociali acriticamente accettate e tabù, interessi personali ed egoistici.

Le 'organizzazioni che apprendono' si sforzano di migliorare il mondo in tutti i modi possibili e di contribuire a una società più razionale e civile. Allo stesso tempo, non sottovalutano le complessità spesso insite nel farlo. Evitano di pensare in modo semplicistico a questioni complesse e si sforzano di considerare adeguatamente i diritti e i bisogni di tutti gli stakeholder, interni ed esterni. Questo è, per esempio, nello spirito delle società benefit e delle B Corp.

Fare filosofia nelle organizzazioni, allora, ha il principale obiettivo di educare e coltivare il pensiero critico praticando, contemporamente la riflessione individuale e quella in gruppo, il dialogo interiore e con gli altri, l'esplorazione di sé come singole persone, come gruppi e come organizzazione in sé e nel contesto ma anche l'esplorazione e la riflessione sui contesti.

Tutti pensiamo; è nella nostra natura farlo. Ma gran parte del nostro pensiero, lasciato a se stesso, può essere, senza che ne siamo consapevoli, preconcetto, distorto, parziale, disinformato. Può contenere pregiudizi e fallacie logiche. Eppure la qualità della nostra vita e quella di ciò che produciamo, realizziamo o costruiamo dipende proprio - e direttamente - dalla qualità del nostro pensiero.

Il pensiero scadente è costoso, sia in termini di denaro che di qualità della vita. E' molto costoso anche per un'organizzazione e, se questa è un'impresa, un pensiero scadente si riflette su tutte le dimensioni - profitto, prodotto e lavoro - e su tutte le relazioni con gli stakeholder chiave, investitori, clienti, fornitori, lavoratori, comunità di riferimento.

La capacità di 'pensare bene', di formulare correttamente un pensiero e di costruire buone argomentazioni, di strutturare un pensiero complesso, di puntare a vedere l'intero, di cercare altri punti di vista, nella consapevolezza che il nostro sguardo è inevitabilmente parziale e 'filtrato', tuttavia, è una capacità che necessita di essere sistematicamente coltivata.

Le persone che 'pensano bene' cercano di vivere in modo razionale, ragionevole, empatico, avendo consapevolezza e di sé e della propria fallibilità. Si sforzano di tenere a bada il proprio egocentrismo e usano costantemente gli strumenti intellettuali offerti dal pensiero, ovvero quei concetti e principi che permettono loro di analizzare, valutare e migliorare il pensiero stesso. 

Le organizzazioni che promuovono il pensiero critico e l'apprendimento continuo, lavorano costantemente per sviluppare, al proprio interno, le virtù intellettuali dell'integrità, dell'umiltà intellettuale, della civiltà, del rispetto e dell'empatia, del senso di giustizia e della fiducia nella ragione e le pratiche dell'ascolto, del dialogo e dell'inclusione.

Infine, il pensiero critico è anche un pensiero che cerca 'pensare (il) bene' ovvero di ragionare in modo equanime per agire in maniera equa.

Filosofia nelle organizzazioni e leadership

Sullo sfondo dell’attuale scenario di crisi globale, non solo finanziaria ma, potremmo dire, sistemica, il concetto di leadership individuale sta molto cambiando.

La leadership del XXI secolo sembra sempre più basata sulle capacità di porsi e porre domande piuttosto che di avere tutte le risposte, di pensare in maniera critica le principali problematiche del business, di immaginare il futuro desiderabile, di confrontarsi apertamente con gli altri nel vero dialogo per costruire insieme quel pensiero nuovo di cui abbiamo tanto bisogno, di facilitare processi decisionali diffusi all’interno delle organizzazioni, di collaborare piuttosto che dirigere.

Per questo il pensiero critico e il dialogo (che presuppone il riconoscimento dell'altro e l'ascolto) stanno emergendo sempre più come abilità chiave nella casetta degli attrezzi delle/i leader e manager del presente e del futuro, e si tratta di una capacità integrata (embedded) nell'agire, non di una pratica separata.

A proposito della riflessività come pratica di riflessione su se stessi, Schön scrive: "Managers do reflect-in-action, but they seldom reflect on their reflection-in-action" (idem).

Con riferimento alla leaedrship, quando parliamo di ‘pratica riflessiva', quindi, ci riferiamo alla pratica della riflessione, non esclusivamente su eventi e oggetti esterni, ma anche sul modo peculiare di guidare le proprie azioni portando a consapevolezza i loro presupposti impliciti e in generale il pensiero che dà loro ‘forma’. 

E’ impossibile agire se non in base a un pensiero e quindi, senz’altro, tutti i manager riflettono mentre agiscono ma - come osserva Schön - molto di rado sembrano esercitare una pratica riflessiva consapevole, rivolta al proprio agire. 

Con 'reflective leadership' - leadership riflessiva -, quindi, si intende soprattutto la capacità di riflettere sul proprio agire mentre sta avvenendo, e non solo, dunque, la capacità di riflettere sulle azioni passate.
Una tale capacità viene raramente sviluppata nell’ambito dei percorsi di formazione manageriale.

Ma, sebbene un’abilità ‘artigianale’ - spesso autodidatta - di reflection-in action, compresa quella di condurre un’indagine basata sull’esperienza e di combinare l’intuizione e il giudizio nel decision making, sembra abbastanza comune, appare ancora piuttosto raro essere in grado di cogliere la diversità nelle modalità di azione di coloro che poi si rivelano essere più efficaci.

Pochi executive - solo quelli particolarmente abili e lungimiranti - sono invece impegnati nell’acquisizione di strumenti in grado di migliorare la propria capacità riflessiva consapevoli del fatto che la complessità dei contesti la esige e che su questo si gioca e giocherà il successo delle imprese.

Infatti, le/I leader che, per primi, riconoscono la necessità e la difficoltà di sviluppare sempre di più la capacità di 'pensare bene' e si impegnano a praticare il pensiero critico in tutti gli ambiti della loro vita, non solo migliorano se stessi, ma sono di ispirazione, di stimolo e di esempio per gli altri e, in tal modo, contribuiscono in maniere significativa a creare valore e successo per le proprie imprese.

Sono leader che incarnano e promuovono, non importa se in maniera esplicita o implicita, il principio socratico "la vita non esaminata non è degna di essere vissuta", perché si rendono conto che molte vite non esaminate insieme danno luogo a un mondo acritico, ingiusto e pericoloso per tutti, anche per sé e per la propria organizzazione.