"La buona leadership è fare buone domande". Good Leadership Is About Asking Good Questions, questo è il titolo di un articolo pubblicato su Harward Business Review circa un anno fa ma, si sa, gli articoli di HBR sono spesso senza tempo, come questo.
L’autore sostiene che, in un momento in cui molte cose sono manifestamente incerte, i leader che pensano di avere tutte le risposte a tutte le domande importanti o non hanno idea di quanto rapidamente stia cambiando il mondo, o stanno mentendo.
Le persone quindi, consapevoli di quanto le cose siano liquide in questo momento e di quanto sia difficile offrire risposte e certezze, perdono fiducia nel ruolo del leader.
L’articolo prosegue con ottimi consigli su come fare domande molti dei quali coincidono con quanto da noi illustrato in un articolo di Daniela Cadeddu sull'arte del domandare.
Mi trovo d’accordo con entrambi gli articoli. Da filosofa riconosco le arti della domanda e del dialogo come i principali strumenti di osservazione della realtà da punti di punti di vista diversi… ma, se avessi scritto io il titolo dell'articolo di John Hagel III, avrei aggiunto: la buona leadership è fare buone domande e ascoltare!
Avrete quindi intuito che vorrei, in questo breve scritto, porre l’accento su cosa accade dopo aver fatto buone domande: l’ascolto delle risposte.
Credo che il più grande atto di irresponsabilità sociale e di arroganza oggi sia non ascoltare e, purtroppo, lo commettiamo tutti e le conseguenze sono visibili ai nostri occhi.
Mi spiego meglio:
- Spesso le domande nascondono la ricerca di conferme a quanto già conosco, con la domanda voglio confermare le mie opinioni o i dati in mio possesso. Dunque ascolto solo quello che va in questa direzione, un ascolto selettivo, superficiale e orientato ai miei bisogni. Come se facessi download di qualcosa che so poter essere di mio interesse. Questo atteggiamento è disfunzionale alla scoperta del nuovo, così non scoprirò nulla di diverso dalla mia verità.
- Nella migliore delle ipotesi quando faccio una domanda e ascolto la risposta con sincero interesse, lo faccio per poter controbattere. Quante volte mi è successo di pensare a cosa poter ribattere mentre il mio interlocutore stava ancora parlando… Il dialogo che ne segue spesso è come una partita di ping pong: una volta nel mio campo, una volta nel tuo, fino a quando qualcuno fa punto! Questo dibattito per certi versi è divertente, spesso un esercizio di dialettica elegante e sofisticato… ma dove porta? Possiamo ancora permetterci posizioni io contro di te in un momento dove né io né te abbiamo risposte credibili? E’ un gioco a somma zero…
- La posizione più scomoda ma la più potente, dal mio punto di vista, è quella in cui mi pongo davanti all’altro con la consapevolezza che l’uomo o la donna che ho di fronte possono essere fonte preziosa di scoperta, di osservazione della realtà attraverso i loro occhi. E quindi inizio un dialogo e bramo ascoltare la risposta, senza giudicarla, la osservo, cerco di sentire cosa genera in me, cosa mi colpisce e ci costruisco sopra, la inglobo nelle mie riflessioni, la trasformo, lievita nelle mie mani e diventa pane, nutrimento per me e per la persona che ho di fronte.
Ascoltare in questo modo è generativo dal punto di vista della scoperta e quindi di innovazione e trasformazione, che in un momento come quello in cui stiamo vivendo, credo sia una delle poche vie che possiamo percorrere insieme. E', inoltre, un balsamo per le relazioni e per le persone:
-
sentirsi ascoltati, non giudicati, accettati, inclusi, visti, consente alle persone di esprimersi liberamente, di mostrare ciò che vedono e pensano, senza paura di essere giudicati inadeguati, di non andare bene, di commettere errori o di dire sciocchezze di cui vergognarsi di fronte a cap* o ai collegh*.
-
Le persone ascoltate e non giudicate sono propense a dire le cose per come sono veramente, a non nascondere i problemi sotto il tappeto, ad affrontare le cose e a trovare soluzioni.
-
Non temono di mostrare la loro vulnerabilità e la loro bellezza perché non hanno paura di venire ferite, non hanno bisogno di difendersi perché non si sentono minacciate.
-
Le persone ascoltate e non giudicate possono esprimere il meglio di sé e dare il proprio unico e prezioso contributo.
Per concludere, quindi, affermo che il potere trasformativo, oserei dire magico, della leadership oggi è nella capacità di ascoltare senza giudizio. Questo:
- Permette al nuovo di emergere e permette alle persone di essere la versione migliore di se stessi.
- Nutre relazioni generative, dialoghi di scoperta, momenti di creazione collettiva, genera engagement nelle organizzazioni, spirito imprenditoriale e visione sistemica.
- Alimenta culture organizzative contemporanee fatte di fiducia, di cura, di innovazione e di persone: esseri umani.
- Apre a nuove possibilità di azione. E tutti noi sappiamo quanto sia difficile in questo momento, sentirsi impotenti di fronte a tutto ciò che sta accadendo.
Come diceva un vecchio spot pubblicitario di una birra italiana: meditate gente, meditate!
(chi volesse leggere anche l'articolo di John Hagel III su HBR, lo trova qui)