In un mondo attraversato da fratture – sociali, ecologiche, culturali – il concetto di coesione torna ad avere un valore straordinario.
Spesso dimenticata, confusa con la conformità o banalizzata come semplice 'armonia', la coesione è in realtà una qualità complessa e strategica: riguarda il modo in cui stiamo insieme, lavoriamo insieme, immaginiamo il futuro insieme.
Questo articolo esplora il significato profondo della coesione, il suo ruolo all’interno e all'esterno dell’organizzazione.
In un tempo segnato dalla frammentazione, coltivare coesione diventa un atto controcorrente e generativo. Perché nessuna trasformazione è possibile da soli.
Viviamo in un tempo di frattura. Le nostre società sembrano costantemente attraversate da faglie invisibili che dividono generazioni, territori, visioni del mondo.
I legami si allentano, le istituzioni faticano a tenere insieme, le imprese stesse si trovano sempre più spesso a operare in contesti segnati da sfiducia e polarizzazione.
“La crisi della modernità non è solo economica o ambientale ma è una crisi del legame” scriveva Edgar Morin in "Il metodo. Ordine disordine organizzazione".
È come se la nostra capacità di ‘stare insieme’ fosse sotto attacco, logorata da modelli individualistici, ritmi accelerati e sistemi che premiano la competizione anziché la cooperazione.
In questo scenario, ‘coesione’ appare quasi una parola fuori moda.
Eppure, è proprio questa qualità dei contesti a rappresentare una delle risorse più preziose per affrontare le sfide del nostro tempo.
Non come nostalgica invocazione dell’unità perduta, ma come tensione attiva verso ciò che può generare legame, fiducia, appartenenza.
Coesione non è omologazione, non è chiusura nel gruppo, non è eliminazione del conflitto: è la capacità di attraversare le differenze senza perdersi. È ciò che permette a una comunità – e a un’impresa – di esistere nel tempo.
Nel cuore delle organizzazioni, così come nella società più ampia, il bisogno di coesione non è un ornamento etico, ma un elemento strategico. È ciò che consente di fare squadra, di reggere l’incertezza, di innovare con coraggio. Non solo, quindi, per lavorare insieme su qualcosa ma per restare insieme mentre cambia qualcosa.
La coesione è ciò che può trasformare un insieme di individui in un sistema vivo, orientato, capace di impatto.
Che cos’è ‘coesione’?
La parola ‘coesione’ deriva dal latino cohaerere, che significa letteralmente ‘stare attaccati insieme’, ‘essere uniti’.
Ma non si tratta di una semplice aderenza: implica una forza che tiene uniti senza annullare le parti, come accade nelle molecole di una sostanza o nelle cellule di un organismo.
La coesione è, in questo senso, una ‘forza discreta’, una qualità silenziosa che consente di tenere insieme ciò che è diverso senza fonderlo in un’unità indistinta.
Spesso confusa con la conformità o con la pace apparente, la coesione è tutt’altro: è la capacità di attraversare i conflitti, di reggere le tensioni, di convivere con le divergenze senza rompersi.
Come in più sedi sottolineato da Zygmunt Bauman, il collante della società non è l’identità, ma la capacità di vivere con le differenze.
Anche Hannah Arendt nel suo libro “La crisi della cultura” osservava “il mondo comune si disintegra quando smettiamo di parlare con chi la pensa diversamente da noi”.
La coesione, allora, non è solo una questione di relazioni umane: è una questione politica. È ciò che tiene insieme il tessuto del mondo.
All’interno dei gruppi umani, la coesione si costruisce su ingredienti quali fiducia, riconoscimento reciproco, senso condiviso e interdipendenza.
Richiede dialogo, pazienza, apertura all’altro.
Non si impone dall’alto né si raggiunge una volta per tutte: è una qualità emergente, frutto di pratiche quotidiane.
Coesione dentro l’impresa
Nella vita organizzativa, la coesione non è un valore retorico: è un asset strategico.
Le imprese coese – dove le persone si sentono parte di un progetto comune, si fidano reciprocamente e si percepiscono riconosciute – tendono ad essere più resilienti, più innovative, più efficaci.
La coesione interna si manifesta nel modo in cui si prendono le decisioni, si gestiscono i conflitti, si comunica, si distribuisce il potere. È fortemente influenzata dalla cultura organizzativa e dai comportamenti di leadership.
Un ambiente coeso non è privo di divergenze, ma le sa attraversare senza sfaldarsi. È capace di mantenere un centro saldo anche nella turbolenza.
La coesione si costruisce, ad esempio, quando i team si fermano per riflettere insieme (le pratiche riflessive, i ‘circle’ di dialogo, i learning group); quando i leader promuovono il purpose condiviso e incoraggiano la responsabilità diffusa; quando le persone percepiscono che la loro voce ha un impatto reale.
Ed è anche attraverso l’uso di alcune metodologie fortemente partecipative – come, ad esempio, il coaching organizzativo o la facilitazione sistemica – che si creano i presupposti per una coesione duratura.
Come possiamo apprendere dalla natura, è spesso ‘sotto’ il visibile che si sviluppano e agiscono le connessioni più vitali.
È importante sottolineare, inoltre, che la coesione non può essere unidirezionale.
Non è qualcosa che l’impresa ‘dà’ ai lavoratori, né qualcosa che si ottiene solo con buone pratiche manageriali.
È una forma di reciprocità. Quando esiste davvero, la coesione fa sì che l’impresa venga vissuta come ‘bene comune’: qualcosa che vale la pena proteggere, sostenere, migliorare insieme.
Nei momenti di difficoltà – una crisi di mercato, una ristrutturazione, un cambiamento profondo – le persone coese non si limitano ad aspettare indicazioni dall’alto: si attivano. Cercano soluzioni, mettono in gioco creatività e senso di responsabilità, si assumono rischi, fanno rete.
Non perché ‘devono’, ma perché sentono di appartenere. In questa prospettiva, la coesione si manifesta come partecipazione attiva, mutua responsabilità, capacità di tenere insieme il noi anche quando il contesto si fa instabile.
È questa qualità che ha permesso a numerose imprese di rivelarsi resilienti. Molte sono imprese cooperative, aziende con una governance partecipativa, imprese familiari con forti legami territoriali.
Dove la coesione è vera, è una trama fatta di persone che si sentono parte di qualcosa di più grande, e per questo rispondono, si mobilitano, si prendono cura.
Coesione verso l’esterno: impresa e tessuto sociale
La coesione non si limita all’interno dei confini dell’organizzazione.
Ogni impresa è immersa in un sistema più ampio di relazioni: con il territorio, con le comunità, con le istituzioni, con le altre imprese. E proprio in questa rete di connessioni può giocare un ruolo attivo di generatrice di coesione sociale.
In un tempo segnato da crescenti disuguaglianze e solitudini collettive, le imprese possono contribuire a creare legami laddove si sono spezzati.
Lo fanno, ad esempio, quando investono in partnership autentiche, quando costruiscono filiere responsabili, quando promuovono alleanze intersettoriali per generare impatto positivo.
Pensiamo alle imprese rigenerative che lavorano con il territorio per ricostruire ecosistemi sociali e ambientali; alle cooperative di comunità che connettono lavoro, mutualismo e cura del bene comune; alle società benefit che integrano nella governance la missione della coesione e dell’impatto.
Perché, come afferma tra gli altri Amartya Sen, lo sviluppo non può essere solo crescita economica: è espansione delle libertà e delle capacità delle persone.
In questa visione, la coesione diventa un indicatore significativo di benessere collettivo e di progresso reale.
La coesione non è data, si costruisce
La coesione, allora, non è un dato strutturale, né un semplice effetto collaterale di buone intenzioni.
È il risultato di una costruzione intenzionale, quotidiana, e mai definitiva.
Richiede attenzione costante, disponibilità al confronto, spazi di dialogo reale. Richiede anche la capacità di sostenere il dissenso senza che questo mini il legame.
In molte organizzazioni, la coesione viene data per scontata finché non viene messa alla prova: una ristrutturazione, un cambio nella leadership, una crisi economica.
È in quei momenti che si rivela la sua profondità o la sua fragilità. Per questo è necessario coltivarla quando tutto sembra andare bene e le acque sono calme, perché possa reggere quando arrivano le onde.
Costruire coesione significa creare ‘condizioni abitative’ sane dentro l’organizzazione: luoghi in cui ci si può fidare, esprimere, dissentire, contribuire.
Non servono formule miracolose, ma rituali condivisi, trasparenza, tempo per riflettere insieme e un linguaggio che includa. Coesione, in questo senso, non è un dono: è una pratica collettiva.
Perché oggi è un concetto prezioso (e controcorrente)
In un mondo che spinge verso l’individualismo, la velocità, la prestazione continua, parlare di coesione è, in fondo, un gesto controcorrente.
È un modo per rimettere al centro qualcosa che non si misura facilmente, che non si brevetta, ma che determina profondamente la qualità delle nostre vite e delle nostre organizzazioni.
Coesione non significa nostalgia per comunità omogenee o per un passato idealizzato.
Significa invece rispondere alla complessità con intelligenza relazionale, con responsabilità condivisa, con la capacità di stare nelle interdipendenze.
In tempi di disgregazione sociale e transizioni difficili – ecologiche, digitali, demografiche – la coesione è ciò che può fare la differenza tra disorientamento e possibilità.
La complessità del mondo richiede un pensiero capace di unire. E la coesione è, a suo modo, una forma di pensiero incarnato: una risposta profonda alla frammentazione, che tiene insieme persone e visioni, motivazioni e obiettivi, radici e orizzonti.
Un invito a coltivare coesione
Oggi più che mai, coltivare coesione è un atto di responsabilità.
È un investimento sul lungo periodo, un modo per rigenerare fiducia, costruire ponti, affrontare sfide comuni senza che nessuno resti indietro.
Dentro e fuori l’impresa, la coesione non è un bene accessorio: è ciò che ci permette di diventare più grandi della somma delle parti.
La coesione non si impone e non si produce con gli slogan.
Alla coesione si invita con l’esempio, la cura e la coerenza.
La coesione è il risultato di azioni piccole e continue che tengono vivo il legame e nutrono l’appartenenza.
Riconoscendo la fragilità individuale, sviluppa forza condivisa, crea un tessuto fitto e resistente. In che modo ciascuno di noi, nel suo ruolo, può contribuire a non farlo sfilacciare?