Ripartire dalle relazioni profonde

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Otto Scharmer è il padre della "Teoria U", la più diffusa – ed efficace - tecnologia sociale per l’evoluzione dei sistemi sociali e organizzativi.

Scriveva Scharmer in un suo libro “Viviamo in un’epoca di profondi cambiamenti nella quale qualcosa sta finendo e morendo e qualcos’altro sta cercando di nascere. Sta morendo una civiltà costruita sulla mentalità che “io meglio di tutti”, che “più grande è, meglio è”  e su  decisioni collettive  basate sugli interessi di pochi, che ci hanno portato a risultati che nessuno singolarmente avrebbe mai voluto. Quello che sta nascendo non è ancora chiaro. E’ un futuro che richiede di saperci connettere alla nostra umanità più profonda, per scoprire chi siamo veramente e che cosa vogliamo diventare come società”  (O. Scharmer, K. Kaupfer, Leadership in un futuro che emerge, Franco Angeli Editore, Milano 2015, p.24) 

Possiamo considerare queste parole la sintesi del pensiero dell’autore e il punto di partenza dell’appassionato lavoro e dell’azione di ricerca di Otto Scharmer e del suo gruppo al M.I.T. - Massachusetts Institute of Technology  nonché dell'enorme sforzo di diffusione del modello attraverso le iniziative del Presencing Institute da lui fondato, entrambi luoghi in cui più attivamente si opera per sviluppare

  • capacità solide di coniugare saperi differenti
  • modalità e progetti per rispondere in modo creativo ed efficace alle sfide più pressanti della società attuale
  • nuovi sistemi sociali e di relazioni che ‘imparino dal futuro’ e per questo siano più adeguati alle esigenze emergenti.

Il tempo presente sempre più, infatti, ci disorienta e ci richiede uno sforzo più grande di tutti quelli fatti finora per comprendere la realtà in maniera diffusa e profonda osservando, considerando e agendo sulle diverse dimensioni sociali - in modo integrale e trasversale ai diversi settori - e, in contemporanea, curando tutte le dimensioni dell’essere (personale, di gruppo, di organizzazione e di sistema).

In questi anni Otto Scharmer ha continuato a ispirare riflessioni e concreti progetti di cambiamento evolutivo in tutto il mondo e costituisce una voce molto autorevole poiché sempre in grado di offrire analisi sistemiche e proposte di grande profondità e lungimiranza.

Per questo ritengo utile proporre oggi alcune ‘highlights’, spunti di riflessione da un suo recentissimo articolo. Per aiutarci a comprendere il tempo presente – anche nel senso vero e proprio dell’attualità – e a trovare una direzione per il nostro agire evolutivo. Invito comunque a leggere l’intero articolo (qui in lingua originale, qui tradotto in italiano).

Collasso della Civiltà?

Il primo tema è che stiamo vivendo in un tempo di crollo accelerato e collasso. Vediamo i sintomi di questo nel degrado del nostro ecosistema, spesso descritto come “il peggiore in 1.000 anni” nel caso di inondazioni e siccità. Lo vediamo nella destabilizzazione climatica, nel calo delle falde acquifere, nella perdita di suolo di superficie e nell’allarmante perdita di biodiversità. Vediamo i sintomi del crollo del sistema sociale nell’aumento dei livelli di polarizzazione, disuguaglianza, razzismo, violenza e guerra, così come con l’inizio di migrazioni di massa legate al clima.

Il secondo tema è la sensazione di sprofondamento che si prova quando si recepisce tutto questo. È una sensazione che dice: Sembra che non ci sia nulla che io o noi possiamo fare ora — forse è già troppo tardi. In altre parole, esiste una depressione collettiva pervasiva che modella le prospettive di tutti, in particolare quelle dei nostri giovani, che porteranno i fardelli dei nostri fallimenti sociali nel futuro.

Il terzo tema ha a che fare con il paradosso che sappiamo quasi tutto ciò che è necessario per prevenire il collasso della civiltà — abbiamo la maggior parte della conoscenza, la maggior parte delle tecnologie e tutti i mezzi finanziari necessari per cambiare le cose — eppure non lo stiamo facendo. In breve: il terzo tema riguarda l’enorme divario del conoscere-fare che è stato incarnato nel nostro comportamento collettivo negli ultimi 50 anni […] Ciò che intendo per collasso (e possibilmente per rigenerazione) della civiltà è un processo che racchiude tre caratteristiche fondamentali:

1. Fatti Concreti: possiamo vedere chiaramente i sintomi dell’accelerazione del degrado sociale ed ecologico, della disintegrazione, della rottura e del collasso.

2. Campi di Conversazione Collettivi: assistiamo a un crollo della capacità di dare un senso e di rispondere alla situazione attuale, perdendo la capacità di avere una conversazione condivisa su ciò che sta accadendo. Questo problema è esacerbato dall’impatto tossico del denaro occulto nella politica e nei modelli di business, nelle aziende tecnologiche basate sui social media che amplificano la disinformazione, la polarizzazione e le emozioni negative.

3. Spirito Umano: assistiamo a un’impennata dei problemi di salute mentale. Secondo il Rapporto sullo sviluppo umano del 2022, una persona su otto sul pianeta ha problemi di salute mentale. Il nostro senso collettivo di impotenza ci impedisce di rispondere in modo creativo al momento attuale.

La condizione attuale, scrive l’autore, pur generando senz’altro un senso di depressione diffuso apre a un diverso livello di consapevolezza e certamente e nuove possibilità. Infatti

L’evoluzione dei modelli di presa di coscienza e di decisione collettiva che ho visto in queste occasioni segue grosso modo queste quattro fasi:

1. Negazione: ignorare il reale impatto futuro delle nostre decisioni (“non è un mio problema”)

2. Distanziamento: riconoscere il problema, ma attribuire la colpa a qualcun altro (“è colpa loro, non mia”)

3. Depressione: dopo aver capito che la negazione e il distanziamento non risolveranno nulla, interviene la sensazione di affondamento: “è troppo tardi”

4. Percezione profonda e co-creatività: riuscire a rimanere nel momento, mantenendo lo sguardo fermo, e poi lasciar andare (il vecchio) per far emergere nuove possibilità. Nella simulazione, questa fase spesso conduce i partecipanti a nuovi modi radicali di collaborare e co-creare, agendo a partire da una consapevolezza condivisa dell’insieme.

[…] Cosa serve per passare dallo stato di depressione a quello di profonda percezione e creatività collettiva?”

Superare il disallineamento

Per aiutarci a vedere la realtà con occhi meno stanchi e assuefatti, Otto ci propone una sorta di gioco. Cosa potrebbe vedere, degli Stati Uniti attuali, una visitatrice aliena che venisse da Marte? Cosa noterebbe e cosa la sorprenderebbe nei comportamenti collettivi?

Una notevole serie di situazioni contraddittorie in tutti i campi, per esempio in quelli della Sicurezza, dell’Assistenza Sanitaria, della Governance economica, (per il dettaglio rimando all’articolo originale).

La ricercatrice marziana potrebbe scrivere nel suo taccuino che vede un incredibile disallineamento tra forma e funzione delle istituzioni che dovrebbero sostenere il benessere dei nostri cittadini. Questa discrepanza rappresenta una sfida critica per lo sviluppo del nostro tempo: in tutti i sistemi dobbiamo colmare il divario tra forma e funzione, o quello che abbiamo chiamato il divario tra sapere e fare.

Abbiamo imparato che per colmare questo divario dobbiamo ricollegarci a una profonda aspirazione e capacità umana di vivere in armonia con il nostro pianeta e con gli altri, applicando questa aspirazione e capacità umana alla trasformazione delle nostre istituzioni, delle nostre società e del nostro rapporto con la terra. E questo può avvenire solo se approfondiamo la nostra interiorità o, in altre parole, interiorizziamo le esternalità (cioè i nostri punti ciechi) per poter rispondere meglio alle sfide del nostro tempo. […] Un primo passo in questa direzione è stato fatto con il lancio degli Obiettivi di Sviluppo Interiore (IDGs) all’inizio di quest’anno a Stoccolma, come complemento agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), al fine di costruire capacità trasformative per colmare il divario tra sapere e fare.

Proteggere la nostra fonte di ispirazione interiore

È come se “l’essenza dello spirito umano, dipendesse completamente da persone come noi che la ricevono, la proteggono e la trasmettono alla generazione successiva”, come se tenessero una candela in una mano e ne proteggessero la fiammella con l’altra. Non come se portassero una torcia ma una candela molto vicina al proprio cuore. Non si tratta di una forte luce esterna ma di una delicata luce interiore.

Trasformare il contesto esteriore

“Per affrontare adeguatamente la nostra attuale policrisi, ci sono almeno tre trasformazioni a livello macro che, a mio avviso, devono avvenire. Dobbiamo trasformare:

le nostre economie da ego a eco

la nostra governance, da top-down a distribuita e dialogica.

i nostri sistemi educativi, da orientati ai risultati o ai test, a generatori di un futuro migliore".

1. Trasformare le economie da ego a eco

La strada che ci indica Scharmer per trasformare le nostre economie è quella presentata nel nuovo rapporto del Club di Roma - “Earth for all” -che identifica anche le azioni concrete da compiere in tal senso.

Il modello del Club of Rome per realizzare il Salto Globale mostra che le società dovrebbero adottare azioni immediate e senza precedenti in cinque ambiti interconnessi:

  • Porre fine alla povertà attraverso la riforma del sistema finanziario internazionale, facendo uscire dalla povertà 3-4 miliardi di persone.
  • Superare l’enorme disuguaglianza assicurando che il 10% più ricco non si accaparri più del 40% dei redditi nazionali.
  • Dare più potere e possibilità alle donne per raggiungere la piena equità di genere entro il 2050.
  • Trasformare il sistema alimentare per fornire diete sane alle persone e al pianeta.
  • Passare all'energia pulita per raggiungere Ø emissioni nette entro il 2050. 

Scharmer nell’articolo riprende i cinque punti e sottolinea alcune delle soluzioni proposte dal Club of Rome.

2. Trasformare la Governance da Top-down a Co-creativa & Dialogica

Le nostre attuali strutture decisionali operano spesso sotto l’influenza sbilanciata di gruppi di interesse organizzati, che favoriscono i piccoli gruppi che possono organizzarsi facilmente (come le industrie monopolistiche) rispetto ai grandi gruppi che non possono farlo (quelli che lavorano per gli interessi di tutti i cittadini), e che favoriscono i cittadini che hanno voce (le generazioni attuali) rispetto a quelli che non hanno voce (le generazioni future e il pianeta stesso).  […] Tutta la governance ha a che fare con le geometrie del potere. Si tratta di ridisegnare ed evolvere la nostra democrazia e i nostri sistemi di governance in modo da rendere l’ampiamente condivisa aspirazione al cambiamento trasformativo — di cui siamo testimoni oggi nella maggior parte dei Paesi — rilevante per il processo decisionale collettivo".

Per questo “sono necessarie più conversazioni e una migliore infrastruttura di supporto per il vero dialogo — cioè per pensare insieme attraverso punti di vista e ideologie diverse — per ripensare e rimodellare il futuro in modo da favorire la prosperità umana e planetaria […] La domanda di fondo è: come possiamo evolvere le nostre strutture decisionali e di governance democratica in modo da renderle più distribuite, dialogiche e dirette?"

3. Trasformare l’Apprendimento e la Leadership per Creare il Futuro

Per far sì che questo funzioni, dobbiamo trasformare i nostri sistemi di istruzione e di apprendimento permanente. Sebbene in molti luoghi ci siamo evoluti da modalità routinarie a modalità più centrate sull’allievo, l’istruzione continua a concentrarsi sull’apprendimento individuale e sulla sviluppo delle capacità. Siamo molto lontani da modelli educativi che sviluppano la capacità di co-sentire e co-creare il futuro.

La sfida più importante per i sistemi oggi è cercare di risolvere problemi di tipo 4.0 con meccanismi di risposta che sono ancora vincolati da modi di operare 2.0 e 3.0. […]

Questo ci riporta all’apprendimento e alla leadership. Ciò che ci impedisce di passare in modo più completo ai modi di operare 4.0 sono tre barriere principali:

La mancanza di infrastrutture istituzionali che riuniscano tutti gli attori rilevanti per co-progettare e co-navigare il sistema.

La mancanza di strumenti e capacità di leadership per spostare la consapevolezza delle varie parti interessate da una visione a silos a una visione di sistema — cioè da ego a eco.

E la mancanza di meccanismi finanziari per finanziare e scalare quanto sopra.

Qual è quindi il nostro percorso per colmare il divario tra sapere e fare? È rimuovere queste tre barriere. Dobbiamo passare a modalità operative 4.0 per trasformare veramente i nostri sistemi economici, di governance e di leadership, al fine di liberare il profondo desiderio che condividiamo come esseri umani di vivere in armonia tra di noi e con il nostro pianeta.

Ma queste trasformazioni non avverranno da sole. Si verificheranno solo se supportate da nuove infrastrutture di apprendimento sociale scalabili, basate su luoghi e regioni e che utilizzano la trasformazione personale come porta d’accesso per la trasformazione dei sistemi”.

Come può funzionare?

Sappiamo che la soluzione ai nostri problemi in questo secolo non è il Big Government. Non è il Big Money. E non è nemmeno la Big Tech. Certo, abbiamo bisogno di tutti e tre — governo, capitale e tecnologia. Ma ciò di cui abbiamo bisogno più di tutto è un profondo cambiamento nelle nostre qualità di relazione che ci permetta di proteggere e curare la fiammella.

Quando i sistemi collassano, cosa ci resta? Siamo rimasti soli l’uno di fronte all’altro.

Ci restano le nostre relazioni. Come ci relazioniamo con Madre Natura, come ci relazioniamo tra di noi e come ci relazioniamo con il nostro Sé emergente. Queste sono le nostre tre fonti per proteggere, curare e coltivare la nostra luce interiore.

Se questo è vero, allora il punto di leva più importante per progredire nel nostro viaggio collettivo di trasformazione è la creazione di infrastrutture abilitanti che supportino i leader, i cittadini e le comunità a spostare i loro campi di relazione da tossici a trasformativi, da estrattivi a rigenerativi e curativi”.

Tutti vogliamo agire, ma spesso non è chiaro come. Forse l’unica cosa che possiamo fare è prototipare ‘infrastrutture abilitanti’ per percepire e realizzare il futuro emergente attraverso la formazione di piccoli circoli di presenza condivisa o gruppi di pratica riflessiva e dialogica o altri ‘contenitori’ che si propongano come spazi “di sostegno reciproco, di connessione profonda — di radicale presenza condivisa — che possono sostenere la guarigione e fungere da terreno e seme per l’emergere di una nuova civiltà”.