Sostenibilità: oltre gli obblighi e le mode

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Le organizzazioni - profit e non - sono soggette a un'enorme quantità di regola­mentazioni, non sempre coerenti tra loro e non sempre stabili nel tempo. Esiste una norma, un adempimento, una regolamentazione più o meno dettagliata praticamente su ogni aspetto.

Ciò impone alle grandi organizzazioni uno sforzo ingente per strutturarsi in maniera conforme e un altrettanto ingente frustrazione nelle PMI che faticano ad adeguarsi per - reale o percepita- scarsità di risorse e persone.

Obbligo e opportunità

L'entità dello sforzo e della frustra­zione è inversamente proporzionale alla percezione dell'opportunità. Quando pensiamo che qualcosa sia importante, utile, significativo per noi, lo sforzo ha un senso; lo sosteniamo non con levità ma consapevoli che ne vale la pena.

Trovare l'opportunità nella sfida è anche uno dei principi dell’anti-fragilità: in una situazione di crisi posso esplorare, cogliere - o magari generare - un fattore di crescita positivo.

Citando Marco Aurelio:" Ciò che ostacola l'azione favorisce l'azione. Ciò che si frappone sulla strada, diventa la strada."

Come si fa?

Esplorando ed esplorandosi.

L'autoconsapevolezza del sistema

Quando parliamo di autoconsapevolezza generalmente ci riferiamo alla capacità di una persona di avere un'immagine realistica di sé, delle proprie forze e dei propri limiti, e di essere in contatto con i propri pensieri, sentimenti e desideri.

Se guardiamo all'organizzazione come a un sistema vivente queste capacità si possono coltivare anche al suo interno.

A partire da ciò che si ha, da ciò che si vuole ottenere, da ciò che guida - nel profondo - le persone che compongono l'organizzazione, è possibile cogliere opportunità anche dove, a un primo sguardo, sembrano vedersi solo problemi.

Ciò richiede la forza di fermarsi e osservare.

In un tempo di efficientismo e cambiamenti veloci, sembra impossibile, eppure necessario.

Chi ha fondato l'organizzazione deve fermarsi a ripensare le ragioni profonde che hanno spinto a iniziare l'avventura, oltre il profitto, il prestigio, il lascito alla famiglia. Quale è stata la scintilla?

Chi nell'organizzazione lavora deve porsi sostanzialmente le stesse domande, indipendentemente dal proprio ruolo e dalla percezione che si ha della propria rilevanza.

E poi, la domanda da porsi - a tutti i livelli - è: qual è il contributo migliore che io posso dare?

Quale tra le mie qualità è più strategica per cogliere l'opportunità e trarne beneficio individuale e sistemico?

Oltre le mode

Sostenibilità, rigenerazione, inclusività, impatti sono valori, vincoli o moda?

Tutti e tre e - al contempo - nessuno dei tre.

Dipende da come li si vive, da quanto corrispondono ai propri principi.

Per un certo tempo sono stati trend topic poi hanno perso forza e rilevanza, o così sembra.

Su quest'ultimo punto torneremo tra poco. Prima facciamo un passo indietro.

Da dove sono nati? Da quando esistono?

Nella loro accezione attuale, possiamo ascriverli alla pubblicazione dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

Il Pianeta sta diventando invivibile per la specie umana, le società sono inique, persone si vedono negato l'accesso a diritti basilari come la salute e l'istruzione, mentre altre li danno talmente per scontati da non attribuire loro più valore, ecc.

L’osservazione di questi dati di fatto ha generato movimenti che hanno spinto le nazioni e poi organismi sovranazionali a mettere in campo azioni per contrastare questa degenerazione. Rivoluzione o evoluzione?

Rivoluzionario è stato lo sguardo siste­mico con cui si sono cercate le soluzioni. Per la prima volta, si è messo in luce che Persone, Pianeta e Prosperità sono interconnes­si, che la Pace è un acceleratore di risultati positivi e - per esserlo - deve essere intesa non solo come assenza di guerra ma come Partnership, dal micro al Mondo.

Se guardiamo alle organizzazioni private, e ai movimenti collegati a queste tematiche, possiamo senz'altro parlare di evoluzione.

I precedenti

Prima di iniziare questo breve e non esaustivo excursus, preme sottolineare che gli esempi sono stati scelti a partire dalle intenzioni dei protagonisti, e - di conseguenza - suggerire di guardare ai risultati tenendo conto dei contesti storici, sociali, culturali ed economici in cui queste persone hanno operato. Perciò, consapevoli dei loro limiti e torti, ci limiteremo a enunciare i loro principi ispiratori.

Andrew Carnegie

Immigrato scozzese, naturalizzato statunitense, a cavallo tra 1800 e 1900 fu uno dei più importanti imprenditori dell'acciaio. Nato in una famiglia poverissima, iniziò a lavorare nell'infanzia, dovendo rinunciare a studiare, e passando l'intera vita adulta a compensare la mancanza. I suoi principi guida furono:

  • educazione continua come strumento di emancipazione e valorizzazione delle competenze
  • prosperità economica come strumento per beneficiare la società..
  • Relazioni interpersonali, cooperazione e sostegno reciproco come fattori di successo.
  • Filosofia Mastermind. Carnegie ispirò il modello Mastermind formalizzato alcuni anni dopo da Napoleon Hill, ovvero un gruppo di pari che si supportano reciprocamente e contribuiscono collettivamente al successo dei singoli membri mettendo a fattore comune esperienze, competenze, conoscenze e relazioni ed esplorando nuove soluzioni con l'attivazione della intelligenza collettiva del gruppo.

Henry Ford

Noto per aver sviluppato il modello produttivo efficientista di Frederick W. Taylor, è stato anche un ambientalista ante litteram, progettando e realizzando un'auto interamente realizzata con fibre ricavate da semi di soia e canapa e alimentata a etanolo di canapa.

Inoltre, era un convinto sostenitore del principio di redistribuzione economica, per il quale la prosperità di una Nazione era possibile sole ove fosse distribuita a tutti i livelli sociali.

Allo stesso modo, sosteneva che si potesse parlare di progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia fosse per tutti. Per questa ragione, la prima auto prodotta in massa fu la Ford T, nata per essere acquistabile anche da persone non abbienti.

Infine, promosse un modello di impresa in cui il successo non fosse misurato solo dal profitto ma anche dal benessere (non solo materiale) di lavoratori e società.

Adriano Olivetti

Venendo a tempi e territori più vicini a noi, non possiamo non menzionare Adriano Olivetti, per la sua capacità di tenere insieme innovazione tecnologica, estetica e responsabilità sociale.

Portò nelle sue fabbriche l'innovazione tecnologica più avanzata del suo tempo, ma pensata al servizio delle persone che la dovevano utilizzare. Per la stessa ragione, le sue macchine - grazie al contributo di artisti e designer - erano anche belle.

Con la medesima aspirazione alla bellezza come fonte di benessere umano, le sue fabbriche e le abitazioni di dipendenti e operai(e) erano progettate in armonia con il territorio circostante per integrarsi in esso.

Fu precursore dei modelli di welfare, introducendo per primo la cultura, le arti e l'apprendimento continuo come elementi di benessere per lavoratori e lavoratrici.

Questi tre imprenditori sono stati considerati visionari, e mi sento di condividere la valutazione nell'accezione di persone che avevano una visione molto chiara di ciò che volevano e potevano fare, indipendentemente dalle sollecitazioni normative.

Per rafforzare il mercato statunitense, nel 1900 Carnegie supportò la fondazione della prima organizzazione a sostegno delle imprese afroamericane, nonostante le leggi segregazioniste federali e statali. Per stimolare l'economia americana, Ford nel 1914 raddoppiò il salario orario dei suoi operai. Per promuovere la mobilità sociale, Olivetti sosteneva le spese universitarie dei figli di alcuni operai.

L'impotenza indotta dei nostri tempi

Queste storie ci raccontano di come una forte motivazione possa compensare la mancanza di sostegno pubblico, di come si possano trasformare i propri ideali in azioni concrete a beneficio del mondo, anche se non si è costretti a farlo.

Altri tempi e altre opportunità, certamente.

Ma proviamo a esorcizzare il senso di impotenza - e quindi d'attendismo - dei nostri tempi.

In questo l'informazione non ci aiuta. Gli algoritmi dei social, ma anche dei feed delle piattaforme di informazione, ci mostrano notizie e contenuti coerenti con il nostro (presunto) punto di vista, ricavato dalle nostre ricerche e da ciò che leggiamo più di frequente, generando un circolo vizioso.

E così, per stare sull'attualità, le aziende hanno abbandonato le politiche di diversità e inclusione e l'Unione Europea non è più interessata alla sostenibilità e alla responsa­bilità sociale delle imprese. Tutto ciò è in parte vero e in parte falso.

Alcune aziende stanno dichiarando di abbandonare le politiche DEI (in alcuni casi proseguendole lontano dai riflettori) e l'Unione Europea sta cercando di rendere la sostenibilità sostenibile per chi la deve realizzare.

Non è questa l'occasione per esplorare queste scelte e i loro effetti.

È però un esempio di come la realtà sia più complessa di quanto sembri a uno sguardo superficiale.

Scale di grigi e colori vivaci

Volendo approfondire, si trovano notizie e contenuti differenti ma altrettanto veri.

Si legge di imprese che rafforzano le loro politiche sociali, di sostegno economico a progetti di sostenibilità.

Il mondo non è in bianco e nero, è in scale di grigi.

Renderlo a colori vivaci, è compito nostro, individualmente e collettivamente.

Se entriamo in connessione con le nostre idee ed emozioni, se facciamo chiarezza tra i nostri desideri, se diventiamo consapevoli di ciò che possiamo e sappiamo fare e scegliamo di farlo, unendo le forze, creando sistemi anti-fragili, condividendo e co-creando, potremo contribuire a un Mondo migliore per noi e per le generazioni future, nonostante tutto.