La verità come ricerca

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Ancora una volta la nostra parola della filosofia 'del mese' quella che vogliamo esplorare in Pausa.. connettendola all'IDG del mese che approfondiamo in Pensare B. Il nostro piccolo contributo per costruire consapevolezza, sostenibilità e felicità per tutti.

In questo mese filosofia e IDG sono connessi 'intimamente'. La parola che abbiamo scelto è 'verità' e l'IDG che le abbiamo associato è 'Integrità e Autenticità'.

'VERITA''

La 'verità' è un concetto che ha affascinato l'umanità ed è stato oggetto di confronto e riflessione filosofica fin dai tempi antichi. 
Molti filosofi hanno cercato di definire la verità e stabilire se esista una verità assoluta e, entre alcuni filoni di pensiero sostengono l'esistenza di una verità oggettiva e universale, altri contestano questa idea, sostenendo che la verità è soggettiva e dipende da contesti e prospettive individuali. 

Verità assoluta o pluralismo?

Partiamo per un breve viaggio di esplorazione nelle due posizioni.

Esiste una verità oggettiva

Per un breve e personale excursus vorrei partire dall’antichità, da Platone che, attraverso la teoria delle Idee, sosteneva l'esistenza di una verità assoluta.

Secondo Platone, infatti, le cose che percepiamo nel mondo sensibile sono solo riflessi imperfetti delle Forme ideali, che rappresentano la verità immutabile e eterna. Ad esempio, un oggetto particolare che vediamo nel mondo fisico, come una sedia, è solo una copia imperfetta dell'Idea di ‘sedia’ che esiste nella dimensione delle Forme. 

Arrivando poi direttamente nel XVII secolo, troviamo René Descartes – Cartesio – che credeva che la ragione umana fosse in grado di raggiungere la verità indipendentemente dalle percezioni sensoriali. Secondo Descartes, quindi, la verità assoluta risiede nel pensiero razionale e nella conoscenza innata che deriva dalla mente divina.

Un’altra prospettiva interessante è quella di Gottfried Wilhelm Leibniz, filosofo tedesco del XVII-XVIII secolo, che sosteneva che esiste una verità assoluta radicata nella natura di Dio che ne possiede una conoscenza completa e infinita.

La verità, secondo Leibniz è riflessa nell'ordine armonioso dell'universo. Dio, nella sua perfezione, ha scelto di creare il migliore dei mondi possibili. Questo mondo, il "mondo attuale", rappresenta il mondo che Dio ha scelto di realizzare, tenendo conto di tutte le possibili combinazioni di eventi, leggi e realtà.

Tuttavia, ci sono molti altri mondi possibili, che non sono stati scelti da Dio per essere realizzati e che rimangono come possibilità, diverse configurazioni che potrebbero essere state, ma non sono state effettivamente realizzate nel mondo attuale. Ogni mondo possibile avrebbe una sua propria struttura e un suo ordine, basati sulle leggi e sulle condizioni specifiche che lo caratterizzano.

E non posso tralasciare Immanuel Kant, filosofo tedesco del XVIII secolo, che ha sostenuto che esiste una verità assoluta, ma è inaccessibile alla conoscenza umana.

Secondo Kant, la verità assoluta appartiene al ‘noumeno’, il mondo delle cose in sé, che è oltre la nostra esperienza fenomenica. La nostra conoscenza è limitata ai fenomeni che percepiamo attraverso i nostri sensi, la verità assoluta rimane oltre la portata della ragione umana.

Il concetto di verità in Kant, quindi, è strettamente legato alla sua teoria della conoscenza e alla sua epistemologia. Per Kant, la verità non è una caratteristica oggettiva del mondo in sé, ma è una proprietà delle nostre rappresentazioni o giudizi.

La verità dipende dalla relazione tra le nostre rappresentazioni e le condizioni che regolano il loro uso razionale.

Per Kant, la conoscenza avviene attraverso la sintesi dell'esperienza sensibile con le categorie a priori della mente, come il tempo, lo spazio e le categorie di ragionamento come la causalità e la sostanza. Questa sintesi tra l'intuizione sensibile e le strutture cognitive ci consente una conoscenza valida e veritiera.

Ma anche le verità ‘a priori’, come quelle nella matematica e nella fisica, che sono considerate valide e universali, derivano dall'uso delle categorie a priori della mente applicate all'esperienza sensibile. Queste verità non sono, quindi, vere nel senso di corrispondere a una realtà indipendente dalla mente umana.

Non esiste una verità assoluta

Anche in questo caso gli autori che menzionerò di seguito sono quelli che sento più risonanti con me tra quelli dei quali conosco un po’ il pensiero. Sono loro gli autori contemporanei che più mi hanno aiutato a costruire una mia posizione sul tema.

Una posizione decisamente sbilanciata in favore della costruzione umana, culturale e soggettiva di ciò che è vero - per me e per ciascuna persona – che vede nella verità, nella ricerca infinita della verità, una tensione, una prospettiva di continua esplorazione e di ampliamento dei punti di vista tesi all’incontro e accoglienti dell’alterità con approccio rigoroso e pluralista.

Comincio con Michel Focault, uno dei filosofi più influenti del XX secolo, che ha sviluppato una concezione critica e complessa della verità. La sua analisi della verità è intrecciata con la sua teoria del potere e della conoscenza.

Foucault sostiene che la verità non è una qualità intrinseca o oggettiva ma piuttosto il prodotto di pratiche di potere e discorsi dominanti. La verità, quindi, è strettamente legata alle dinamiche di potere e alle relazioni di controllo nella società.

Le verità non sono universali o trascendenti, ma sono costruzioni sociali e storiche determinate dalle strutture e dalle dinamiche del potere e dalle istituzioni sociali che definiscono quali discorsi e conoscenze vengono accettati come veri.

Questo influenza così fortemente la costruzione della conoscenza nelle persone, da renderle del tutto inconsapevoli dell'essere in un tale processo.  

La prospettiva critica che ci offre Focault, invita a esaminare le relazioni di potere sottostanti e a interrogare le pratiche di costruzione della verità che definiscono ciò che consideriamo vero in una determinata società o contesto.

Un altro contributo viene certamente dai filosofi dell’Ermeneutica. Tra tutti citerò solo Jacques Derrida e Paul Ricoeur, grata per gli insights che mi hanno consentito di avere.

La 'decostruzione', un approccio filosofico sviluppato da Derrida, mira a mettere in luce le contraddizioni e le ambiguità presenti nei discorsi e nelle strutture di pensiero.

Attraverso la decostruzione, Derrida smonta le gerarchie e le opposizioni tradizionali, rivelando che le verità stabilite sono spesso basate su presupposizioni implicite e alternative falsamente binarie che limitano la comprensione e l'apertura al pluralismo.

Ricoeur sostiene che la verità è strettamente legata alla narrazione e alla comprensione del significato. Egli afferma che attraverso la narrazione, noi costruiamo significato e interpretiamo il mondo. La verità emerge nel processo interpretativo in cui integriamo le nostre esperienze, i nostri valori e i nostri contesti culturali. 

La "ricerca della verità" è un'attività umana costante e la verità non è qualcosa che possiamo acquisire in modo definitivo, ma è un traguardo che cerchiamo costantemente di avvicinare attraverso il dialogo critico, l'apertura alla pluralità di interpretazioni e la fiducia reciproca.

Rimaniamo in Francia con François Jullien, filosofo francese noto per il suo lavoro sulla filosofia cinese e per il suo approccio comparativo con la filosofia e la cultura occidentali, orientato a cogliere la ricchezza derivante dall’accogliere entrambe le prospettive in una logica ‘et et’ e non ‘aut aut’.

Mettendo in luce il concetto di "verità efficace" o "verità operativa" (vérité efficace), la sua visione della verità si differenzia da quella occidentale tradizionale. La verità è legata all'efficacia pratica e alla capacità di condurre ai risultati desiderati.

Per questo la verità può essere plurale e molteplice. Diverse prospettive, paradigmi o approcci possono portare a diverse verità efficaci a seconda del contesto in cui si applicano.

La verità non è qualcosa di assoluto e universale, ma piuttosto una costruzione situazionale che può variare a seconda delle circostanze. Il dialogo tra culture può portare a una maggiore comprensione e all'arricchimento reciproco delle diverse verità efficaci che emergono da diverse tradizioni culturali. 

Infine non posso non considerare Raimon Panikkar, filosofo e teologo spagnolo-indiano, che ha sviluppato una prospettiva unica sul concetto di verità. 

Secondo Panikkar, la verità è un'esperienza profonda che abbraccia molteplici dimensioni, andando oltre la comprensione limitata di una verità oggettiva o soggettiva.

Panikkar sostiene che la verità non può essere ridotta a una formulazione concettuale o a una semplice corrispondenza tra l'affermazione e la realtà oggettiva. La verità è un'esperienza che coinvolge l'intero essere umano, includendo le dimensioni cognitiva, emotiva, spirituale e relazionale, è un processo di incontro e relazione tra l'individuo, gli altri, il mondo e il trascendente.

La verità, quindi, è intrinsecamente legata alla dimensione dell'incertezza e del mistero e accettarlo è essenziale per abbracciare la verità in tutta la sua complessità.

Panikkar promuove anche l'idea di una verità pluralistica, in cui diverse prospettive e tradizioni di pensiero possono contribuire alla nostra comprensione della verità. Per questo invita all'apertura al dialogo interculturale e interreligioso, cercando di superare l'idea che una singola tradizione detenga l'intera verità.

E adesso… riflettiamo

Coloro che sostengono l'esistenza di una verità assoluta considerano la verità come una proprietà oggettiva che corrisponde a come le cose sono realmente nel mondo.

Sostengono che ci sono proposizioni o affermazioni che possono essere verificate come vere o false indipendentemente dal punto di vista umano. Ad esempio, se diciamo che "il sole sorge a est", questo sarebbe considerato un'affermazione veritiera in quanto corrisponde a un fatto oggettivo.


Ma questo è vero solo se ci collochiamo all’interno della prospettiva umana, nelle convenzioni del linguaggio che utilizziamo e attraverso il quale diamo nome ai concetti e nell'uso delle categorie con le quali interpretiamo quello che chiamiamo realtà.

Ma anche questa - la realtà - non è ‘vera’ in assoluto perché la nostra conoscenza è sempre mediata attraverso i nostri sensi e le nostre interpretazioni soggettive in quanto singoli e in quanto società.

Inoltre, la conoscenza umana ha una natura provvisoria e mutevole. Le nostre teorie scientifiche, ad esempio, sono soggette a revisione e modifica sulla base di nuove evidenze e scoperte.

La nostra comprensione della realtà, quindi, è un processo in continua evoluzione e la verità può essere considerata come una costruzione sociale e culturale piuttosto che come un dato oggettivo.

Quando parliamo di verità, allora, dobbiamo avere chiaro di ‘quale verità’ stiamo parlando in quel momento.

Proviamo a rifletterci insieme.

Sempre ricordando che siamo all’interno della sola prospettiva umana – l’unica a noi accessibile - esaminiamo alcuni tipi di verità, discussi in ambito filosofico e scientifico, tra i quali spesso, nella vita quotidiana facciamo confusione, più o meno consapevolmente e più o meno in buona fede, generando la maggior parte dei piccoli e grandi problemi del sistema mondo che abbiamo costruito. 

Tutte le guerre, le disuguaglianze, le ingiustizie, le dittature, i comportamenti aggressivi e chi più ne ha più ne metta, se ci pensiamo un momento, sono riconducibili a un contrasto tra verità. 

Guardiamo allora ad alcuni ‘tipi’ di verità, quelli più comunemente riconoscibili:

  1. Verità oggettiva: dimenticando che questa può essere invocata nei soli campi della logica e della scienza, ci si riferisce a una realtà esterna indipendente dalle opinioni o dalle percezioni individuali. 
    Si sostiene che esista una verità oggettiva che può essere scoperta attraverso metodi razionali o empirici. Ad esempio, nella scienza, si cerca di identificare leggi naturali che descrivono oggettivamente il funzionamento del mondo fisico.
  2. Verità empirica: si basa sull'evidenza empirica e sull'osservazione dei fatti. Si riferisce a quelle affermazioni che possono essere verificate o confutate attraverso l'esperienza o l'osservazione. La scienza utilizza il metodo scientifico per cercare di identificare verità empiriche attraverso l'osservazione, la sperimentazione e l'analisi dei dati.
  3. Verità matematica: si riferisce alle affermazioni che possono essere dimostrate attraverso la logica matematica. Le verità matematiche sono considerate universali e oggettive e si basano su regole logiche e assiomi matematici.
  4. Verità soggettiva: riguarda l'esperienza e le opinioni personali di un individuo. Ciò che è vero per una persona può non essere necessariamente vero per un'altra, poiché la verità è influenzata dalle prospettive individuali, dalle emozioni e dalle esperienze soggettive.
    Ad esempio, gli stati d’animo, i gusti personali, le preferenze artistiche o i comportamenti agiti, possono essere considerati come verità soggettive, sono ‘veri’ in quanto hanno una loro realtà nell’esperienza personale.
  5. Verità convenzionale: si riferisce a quelle verità accettate e presupposte, spesso inconsapevolmente, che hanno alla base una convenzione sociale o culturale.
    Sono 'verità’ che vengono condivise e accettate da una determinata comunità o società - e su cui queste basano la valutazione di ciò che è giusto o sbagliato -, ma che potrebbero non essere universalmente valide.
    Ad esempio, norme sociali, convenzioni linguistiche o convenzioni legali sono verità di questo tipo.
  6. Verità pragmatica: si riferisce a quelle affermazioni che sono utili o funzionali per un determinato scopo o contesto pratico. La verità è considerata in relazione alla sua utilità e ai suoi risultati pratici anziché alla sua corrispondenza con una realtà oggettiva.

Mi fermo qui perché credo che il concetto sia stato colto: dobbiamo far attenzione, quando pronunciamo la parola 'verità', al senso che le stiamo dando e renderlo chiaro anche a chi ci ascolta. 

Inoltre, abbandonare l'idea di una verità oggettiva - possibile solo in campo scientifico -, ha importanti implicazioni etiche.

Se accettiamo che la verità sia un processo interpretativo e contestuale, diventa cruciale adottare un atteggiamento di umiltà e apertura nei confronti delle diverse prospettive.

Dobbiamo riconoscere che le nostre convinzioni e i nostri pregiudizi possono influenzare la nostra interpretazione e che esiste una pluralità di interpretazioni legittime.

Questo richiede un'etica del dialogo e del rispetto reciproco, in cui siamo disposti ad ascoltare e a considerare le opinioni altrui, anche quando differiscono dalle nostre.

Un approccio pluralistico alla verità 

Riconoscere che ogni individuo e ogni cultura hanno un punto di vista differente e, spesso, unico -singolare - sulla verità,  può essere molto arricchente e stimolante.

L'adozione di un atteggiamento pluralistico ci spinge a cercare il dialogo interculturale, a promuovere l'accoglienza delle differenze, a sfidare i monopoli di verità che possono portare all'oppressione e all'esclusione.

Il pluralismo, infatti, è una prospettiva che riconosce e accoglie la diversità di punti di vista, valori e concezioni del mondo, convenendo che ci possono essere molteplici prospettive o visioni del mondo che sono legittime e che possono contenere elementi di verità.

Tuttavia, è importante notare che il pluralismo non implica che ogni affermazione o punto di vista sia automaticamente considerato come vero.

Il pluralismo non nega l'esistenza di una realtà oggettiva o la possibilità di giudicare la validità di una prospettiva. Al contrario, il pluralismo invita al dialogo, alla comprensione reciproca e al confronto critico tra le diverse visioni, con l'obiettivo di raggiungere una migliore comprensione delle complessità del mondo.

Una critica che spesso viene mossa all’atteggiamento pluralista è che porti al relativismo. In realtà essi sono due approcci concettuali differenti, che si riferiscono, entrambi, alla diversità delle prospettive e delle opinioni umane. Vediamo perché.

Il pluralismo sostiene che esistono molteplici prospettive valide e legittime sulla verità, senza necessariamente negare l'esistenza di una verità oggettiva. Il pluralismo riconosce la diversità delle esperienze umane, delle culture e delle tradizioni, e sostiene che la comprensione della verità può richiedere l'integrazione di diverse prospettive.

In altre parole, il pluralismo promuove l'inclusione di diverse visioni nella ricerca della verità e incoraggia il dialogo interculturale e l'apprendimento reciproco.

Il relativismo, invece, afferma che la verità è interamente soggettiva e dipendente dai punti di vista individuali o culturali.

Ogni individuo o gruppo può avere la propria verità basata sulle proprie esperienze e convinzioni personali. 

Il pluralismo cerca un terreno comune e un dialogo aperto tra diverse visioni, mentre il relativismo accetta la molteplicità delle prospettive rinunciando a impegnarsi nella co-costruzione di verità accettabili e consapevolmente condivise. 

La sfida della verità nel mondo complesso 

Se, come ho cercato fin qui di illustrare, la ricerca della verità è una attività umana costante e senza termine, essa può essere ancora più sfidante nel mondo attuale, complesso e mutevole.

Le informazioni sono abbondanti e spesso contraddittorie. La verità può essere distorta da interessi personali, politici o da bias culturali. È quindi importante sviluppare una mente critica, cercare fonti affidabili e considerare il contesto in cui le informazioni sono presentate.

L'adozione di un approccio rigoroso e critico diventa cruciale perché ci aiuta a valutare le prove, a identificare preconcetti e pregiudizi e ad evitare conclusioni affrettate.

La ricerca richiede l'utilizzo di metodi scientifici, la riflessione filosofica e l'analisi critica delle informazioni disponibili da affrontare con:

  • Onestà e integrità nel modo in cui ci relazioniamo con noi stessi e con gli altri. Essere veritieri nelle nostre parole e azioni è fondamentale per mantenere relazioni basate sulla fiducia e sul rispetto reciproco.
  • Apertura all'ascolto di diverse prospettive e attitudine critica verso le informazioni che incontriamo.
  • L'accettazione del pluralismo e del confronto di idee diverse, infatti, aiuta a superare la tendenza all'autoconferma e all'illusione di possedere una verità definitiva.
  • Responsabilità, una responsabilità personale. Dobbiamo impegnarci a investigare, analizzare e valutare le informazioni in modo critico, evitando la diffusione di notizie false o distorte che possono danneggiare gli altri o influenzare negativamente la società.
  • Trasparenza e giustizia, l'accesso a un’informazione accurata è fondamentale per la trasparenza e la giustizia sociale. Una società basata sulla verità promuove la partecipazione democratica, la rendicontazione dei poteri e la responsabilità delle istituzioni.
  • E sul piano personale, richiede:
  • Consapevolezza di Sé e auto-riflessione continua. Dobbiamo esaminare le nostre convinzioni, pregiudizi e limiti personali per evitare distorsioni nella nostra comprensione della realtà.
  • L'autenticità personale ci chiama a un sincero confronto con la nostra esperienza con la volontà di riconoscere eventuali dissonanze tra ciò che crediamo e ciò che sperimentiamo.
  • Apertura alla vulnerabilità e capacità di esprimere le nostre vere emozioni e opinioni dando così vita a relazioni più sincere e significative, basate sulla connessione e sulla comprensione reciproca.

Per concludere

La verità come ricerca è un viaggio in cui la meta non è tanto possedere una verità definitiva, ma mantenersi sereni e curiosi sentendoci invitati a una continua esplorazione e al confronto con l'ignoto, permettendoci di crescere, imparare e sviluppare una comprensione più profonda della nostra esistenza.