Ottimismo, qualità trasformativa

condividi l'articolo su:

Marzo, il mese in cui inizia la primavera. Senza aver avuto l’inverno, purtroppo, in questo 2024 che segue l’anno più caldo di sempre da quando misuriamo le temperature.

Sembrerebbe non esserci motivo per parlare di ottimismo e invece noi ne vogliamo parlare. È il momento di parlarne e ‘Ottimismo’ è l’Inner Development Goal che vogliamo esplorare in questo mese.

Lo troviamo nell’area dell’Agire e nel linguaggio degli IDGs è descritto come “Capacità di sostenere e comunicare un senso di speranza, atteggiamento positivo e fiducia nella possibilità di un cambiamento significativo”.

Ecco perché pensiamo che se ne debba parlare.

Non si tratta, qui, di un generico ottimismo, irrazionale e superficiale ma, piuttosto, della capacità di ‘stare’ nella speranza, di essere nel mondo con una postura positiva e agire nella fiducia che questo può davvero concorrere a realizzare un cambiamento positivo.

I concetti di ottimismo e di speranza - spesso anche contrapposti o disposti in una gerarchia dove l’uno è ‘inferiore’ all’altra – sono spesso malintesi. Con una comprensione limitata, infatti, viene loro imputato di favorire posture esistenziali ingenuamente superficiali, passive, attendiste, deresponsabilizzanti.

A una osservazione più attenta, invece, l’ottimista non appare come una persona ingenua e l’ottimismo non viene considerato una semplice attitudine di fronte alla vita per renderla più facile; non è neppure qualcosa di innato o una qualità del carattere, ma piuttosto l’ottimismo si manifesta come pro-attività, orientamento all’agire, apertura al tentativo.

Le persone ottimiste non sono diverse dalle altre, se non per il fatto che rivolgono la loro attenzione alle opportunità e al lato positivo delle situazioni. Vedono, cioè, il potenziale di successo dove un pessimista vedrebbe già la sconfitta e non ci proverebbe nemmeno.

Sappiamo che, in generale, le emozioni che sentiamo dipendono da ciò che pensiamo. Quindi, se ci concentriamo sul negativo, intorno a noi vedremo solo negatività e le nostre emozioni dominanti saranno, ad esempio, tristezza, angoscia, preoccupazione, paura, ansia, frustrazione, per citarne alcune.

L’ottimismo ci serve per mantenere la speranza nei momenti in cui ci sembra che vada tutto male. 

Essere ottimisti, quindi non vuol dire non vedere la realtà delle cose ma, semplicemente, non lasciarsi abbattere e non lasciarsi dominare dalle emozioni che conducono alla rinuncia e all’inazione.

Il pessimismo chiude e paralizza, mentre l’ottimista che spera è in cammino verso qualcosa di meglio, esce dalla chiusura in se stesso e si dà da fare.

Ottimismo e speranza offrono due lenti attraverso cui guardare al futuro e, sebbene mostrino differenze significative nella loro natura e nel loro impatto sul pensiero e sull'azione umana, possono interagire in modo complementare e rinforzarsi a vicenda offrendo una visione più ricca e dinamica del futuro e della capacità umana di influenzarlo.

L'ottimismo può fornire la fiducia e l'energia necessarie per perseguire gli obiettivi auspicati dalla speranza, specialmente nei momenti di sfiducia o di ostacoli apparentemente insormontabili.

Mentre la speranza richiama a un impegno attivo basato su una visione critica e un desiderio di trasformazione, l'ottimismo offre il supporto emotivo e la fiducia necessaria per perseguire questi cambiamenti.

Pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà

Il motto reso celebre e fatto proprio da Antonio Gramsci, politico e filosofo antifascista del primo ‘900, che contrappone l'"ottimismo della volontà" al "pessimismo dell’intelligenza", offre un fertile terreno di riflessione per comprendere la complessa interazione tra ideali, azione umana e la realtà spesso sfidante che ci circonda.

Pessimismo dell’intelligenza

Il "pessimismo dell’intelligenza" si riferisce alla consapevolezza critica delle difficoltà, delle sfide e delle iniquità presenti nella società.

Questo atteggiamento, lungi dal condurci a una resa, richiama a una valutazione lucida della realtà che ci circonda per comprendere in profondità le strutture di potere, le ingiustizie e le barriere al cambiamento.

La ragione, in questo contesto, diventa uno strumento per smascherare le illusioni, per vedere oltre le apparenze e riconoscere le condizioni spesso dure e difficilmente mutabili del contesto socio-politico ed economico.

Ottimismo della Volontà

Allo stesso tempo, Gramsci introduce l'"ottimismo della volontà", un concetto che si basa sulla fiducia nell'azione umana e nella sua capacità di incidere positivamente sulla realtà, nonostante le difficoltà evidenziate dal pessimismo della ragione.

L'ottimismo della volontà è un invito a non arrendersi di fronte alle avversità, a credere nella possibilità di cambiamento e nella forza dell'agire collettivo e individuale.

È un richiamo all'azione, un'esortazione a non rimanere passivi di fronte alle ingiustizie e a lavorare attivamente per trasformare la società secondo principi di equità e giustizia.

Equilibrio tra volontà e intelligenza

L'arte di bilanciare l'ottimismo della volontà con il pessimismo della ragione sta nel riconoscere la realtà delle sfide esistenti, senza però lasciarsi sopraffare dal cinismo o dalla disperazione.

Questo equilibrio richiede resilienza intellettuale ed emotiva, necessarie per mantenere una visione chiara degli obiettivi a lungo termine mentre si naviga attraverso le complessità del presente.

Nel contesto sociale e politico, l'approccio gramsciano offre una prospettiva preziosa per l'attivismo e il cambiamento.

Invita a una strategia che combina un'analisi critica con un impegno attivo, sottolineando l'importanza della consapevolezza e della preparazione nell'affrontare le sfide, ma anche l'indispensabilità della speranza e della determinazione nell'agire per un futuro migliore.

In ultima analisi, il messaggio di Gramsci è un invito a credere nel potere trasformativo dell'azione umana, sostenuto da una volontà ottimistica che si nutre di una ragione critica e consapevole.

Il principio di speranza

"L'importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all'aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L'affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all'esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono".

(Ernst Bloch, Il principio Speranza, Premessa)

Nella sua monumentale opera "Il Principio Speranza. Immagini di un mondo migliore" Ernst Bloch, filosofo marxista tedesco del XX secolo, esplora la speranza non solo come emozione o stato d'animo, ma come una forza motrice essenziale della storia umana e dell'agire sociale.

La speranza, per Bloch, è intrinsecamente legata alla natura umana e alla sua incessante ricerca di un futuro migliore, di un "non ancora divenuto" che sia libero dalle oppressioni del presente e del passato.

Ernst Bloch propone la speranza come una categoria ontologica, una dimensione fondamentale dell'esistenza umana, che ha il potere di orientare l'azione e il pensiero verso possibilità future ancora non realizzate.

La speranza è vista come un motore di progresso, un elemento che spinge l'individuo a non accontentarsi dello stato attuale delle cose, ma a lavorare per un mondo più giusto e umano.

Centrale nel pensiero di Bloch è anche il concetto di utopia, intesa non come fantasia irrealizzabile, ma come l'espressione più alta della speranza umana.

L'utopia, per Bloch, è un orizzonte verso il quale tendere, una visione di ciò che potrebbe essere che guida l'azione nel presente.

Le utopie concrete si radicano nella realtà e orientano verso cambiamenti realizzabili.

In un'epoca segnata da crisi, conflitti e disillusioni, la filosofia della speranza di Bloch emerge come un potente antidoto alla rassegnazione e al cinismo.

Attraverso la speranza, Bloch invita a riconoscere il potenziale intrinseco all'umanità di superare le proprie limitazioni e le ingiustizie del mondo, stimolando l'individuo e la collettività a prendere in mano il proprio destino e a impegnarsi per un futuro migliore.

Ma la speranza senza azione rischia di rimanere sterile, un semplice desiderio senza effetto sul mondo reale.

La vera sfida è quindi quella di tradurre la speranza in azione, in un impegno attivo per la trasformazione sociale, economica e politica.

Questo approccio richiede una costante riflessione critica sul presente, unita alla volontà di immaginare e costruire alternative reali.

Ottimismo e speranza per agire verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

L’abstract di un articolo pubblicato su BioScience nel 2019 recita:

"In quest'epoca di cambiamenti ambientali senza precedenti, l'ottimismo potrebbe aiutare a unire le persone per agire. Nel presente articolo, riuniamo spunti di riflessione provenienti dalla psicologia, dall'economia, dalla politica e dai media per illustrare l'innata attrazione dell'umanità per l'ottimismo e l'influenza che può esercitare nel guidare un cambiamento positivo.

L'ottimismo aiuta a trovare un terreno comune per la collaborazione, unendo gruppi divergenti con la speranza che i nostri sforzi collettivi possano ottenere benefici per l'ambiente naturale. Noi chiediamo un maggior uso dell'ottimismo nella comunicazione della scienza ambientale per riequilibrare la nostra cultura mediatica improntata alla negatività, una trasformazione che potrebbe ispirare un maggior impegno del pubblico verso le iniziative ambientaliste. Anche se spesso abbiamo bisogno di una certa dose di realtà per prendere coscienza di un problema, non si può negare che le storie di successo possano ispirare le persone e colmare il divario tra problema e soluzione” (McAfee et al., 2019).

E’ importante, nel cammino per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, essere consapevoli che il nostro atteggiamento mentale influenza il modo in cui interpretiamo gli eventi e ci può portare a esprimere livelli di ottimismo diversi in situazioni diverse così come tra persone diverse.

E che, se anche abbiamo l'abitudine di interpretare gli eventi in modo pessimistico, è possibile disimparare tale abitudine e sviluppare una mentalità più ottimista.

Uno degli esercizi possibili per farlo, nel contesto dello Sviluppo Sostenibile, è riformulare la nostra interpretazione pessimistica degli argomenti legati alla transizione ecosistemica – ambientale, sociale, economica, tecnologica - adottando una mentalità positiva.

Nell'analizzare qualsiasi argomento legato alla transizione, possiamo esaminare le forze trainanti e quelle frenanti e, attraverso la riformulazione delle forze frenanti  - adottando una prospettiva ottimista - e la condivisione con altri, possiamo imparare a sostenere e comunicare l'ottimismo.

Facciamo un esempio: possiamo creare una situazione di dialogo – con un gruppo, con il nostro team di lavoro, in un evento dedicato o in un altro  momento opportuno - e scegliere un tema legato alla transizione sociale. Può essere qualsiasi tema, in questo caso utilizziamo l'economia circolare.

Identifichiamo le forze trainanti e frenanti di un'economia circolare sulla base delle nostre esperienze personali. Possibilmente scriviamole su una lavagna a fogli mobili.

Poi condividiamo i nostri pensieri a coppie o con l’intero gruppo se è abbastanza piccolo (meno di dieci persone).

Utilizzando il concetto di reframing (cambiamento di cornice, di prospettiva) e il suo collegamento con un atteggiamento positivo e di speranza, proviamo a riformulare in chiave positiva le forze frenanti identificate nella fase precedente e scriviamo le risposte del gruppo su una lavagna a fogli mobili. Cerchiamo di essere creativi e innovativi.

Ad esempio, la forza frenante costituita dall’aumento del costo dei prodotti - dovuto alla lunghezza e/o alla complessità dei processi dell'economia circolare - può essere riformulata mostrando il valore di decisioni d'acquisto ponderate e più sostenibili/etiche.

Possiamo, a questo punto, condividere le riformulazioni positive nelle stesse coppie della fase precedente o nell’intero gruppo e insieme possiamo riflettere su come questo cambiamento di cornice/inquadramento ci faccia sentire.

Possiamo, inoltre, sfidare l'atteggiamento ottimista mettendo in discussione le frasi riformulate per esercitarci ulteriormente su come sostenere e/o comunicare la speranza e l'ottimismo.

Infine, è utile riflettere individualmente e condividere in gruppo se e come questo esercizio ci abbia aiutato a sviluppare un atteggiamento più positivo e un senso di speranza guardando alle potenzialità di cambiamento significativo rispetto al tema oggetto dell’esplorazione. Chiediamoci e illustriamo agli altri perché questo sia accaduto o perché non sia accaduto.

Possono essere utili domande come queste:

1. In che modo questo esercizio mi ha permesso di provare e comunicare un senso di speranza e un atteggiamento positivo verso un cambiamento significativo?

2. In che modo posso e possiamo contribuire a suscitare e sostenere un senso di speranza e a un atteggiamento positivo verso un cambiamento significativo nella transizione che abbiamo esplorato?

3. Come posso e possiamo migliorare ulteriormente il mio e il nostro pensiero ottimista?

4. In quali altre situazioni sono e siamo in grado di utilizzare questo tipo di ri-orientamento della mente?

Naturalmente questo tipo di allenamento possiamo farlo anche singolarmente, alimentando quel dialogo interno che ci porti gradualmente a sostituire il nostro ‘automatismo’ verso un atteggiamento pessimista nei confronti di ciò che accade o potrebbe accadere, con un nuovo ‘abito’ ottimista che ci faccia vedere prima le luci delle ombre di una situazione, consapevoli che entrambe saranno sempre presenti.

Possiamo sempre usare qualcuna delle luci che abbiamo riconosciuto esistere trovando soluzioni nuove o prima invisibili, per ridurre la zona d’ombra.