Promuovere Diversità, Equità, Inclusione e Appartenenza

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Diversità, equità, inclusione e….. appartenenza. Silenziosamente, negli ultimi anni il binomio tradizionalmente usato - Diversity & Inclusion (D&I) - si è arricchito di un termine: Equità.

Così, oggi nel mondo si parla sempre di più di Diversità, Equità e Inclusione (DEI). Tutte attenzioni che un ambiente deve avere per alimentare un autentico senso di 'appartenenza'. In inglese si usa la parola belonging, un verbo - appartenere - più forte della nominalizzazione.

Perché diventa sempre più importante che le persone sentano di ‘appartenere’ a un ambiente, di star bene in quell’ambiente, di sentirsi al proprio posto e a proprio agio e di voler e poter dare a quel contesto il meglio di sé. Questo è il risultato che si può ottenere quando ci si impegna con coerenza e reale volontà nel  favorire ed accogliere la diversità, nell’agire con equità e promuovere e realizzare ambienti davvero inclusivi, in cui ciascuna persona si senta inclusa nella sua unicità.

Non è possibile, quindi, vincere le sfide legate alla diversità, all'equità e all'inclusione se si cerca di incasellare tutte le persone in categorie semplici e rigide. Un lavoratore nero potrebbe anche identificarsi come LGBTQ e essere in un momento della vita in cui si sta prendendo cura di un genitore anziano. Un lavoratore maschio bianco potrebbe avere una disabilità fisica e star seguendo un corso di studi per prendere una laurea. La diversità si presenta in molte forme.

Di cosa si tratta?

Per far fronte a questa molteplicità di identità è necessario ripensare le iniziative nel campo della Diversità, Equità e Inclusione. Queste, come affermato in una ricerca di Boston Consulting Group USA largamente ripresa in questo articolo, devono partire da una nuova premessa di base: comprendere le esigenze di ogni individuo, ricercare eventuali costanti nelle differenze che attraversano l'intera organizzazione - cercando di comprendere in che modo e quanto impattino sui risultati - e ideare iniziative che guardino in modo olistico queste differenze.

Perché ora?

Negli ultimi anni, le organizzazioni hanno fatto investimenti nei programmi D&I. Quasi tutte le grandi aziende offrono una qualche forma di formazione sulla diversità e l'inclusione spendendo molto denaro ogni anno.

Ma, se chiediamo alle persone quale sia l'impatto delle iniziative D&I all'interno delle loro aziende, rischiamo di rimanere delus* nonostante i cospicui investimenti, i risultati sono stati, a dir poco, modesti come confermano diverse ricerche internazionali.

Gli approcci attuali alla D&I ci hanno portato al punto in cui siamo, che comunque costituisce un significativo passo avanti. Ma non ci porteranno lontano, non bastano per ciò di cui abbiamo bisogno.

Vediamo cosa ci dicono recenti ricerche come, ad esempio, la Survey  2020 di Boston Consulting Group su Diversity, Equity e Inclusion e l’assessment condotto in tema di Diversity and Inclusion Leadership che ha analizzato dati di benchmarking, trasversali rispetto ai settori e alle aree geografiche, che sintetizzano più di 25.000 risposte.

Rappresentanza: tutte le società dell’indice Standard & Poor’s  500 - il più importante indice azionario nordamericano - hanno ora almeno una donna nel consiglio di amministrazione. Ma negli ultimi dieci anni la rappresentanza totale delle minoranze nei consigli di amministrazione di Fortune 500 è aumentata di soli 3 punti percentuali, dal 13% nel 2010 al 16% nel 2018.

Equità: negli Stati Uniti, solo la metà dei lavoratori e delle lavoratrici appartenenti a una minoranza di qualche tipo ritiene che esistano meccanismi in grado di garantire che le decisioni importanti siano prese senza pregiudizi – 8% in meno rispetto alle rispetto alla percezione degli uomini bianchi ed etero. Questa differenza di percezione è costante in tutto il mondo.

Inclusione: per quanto le  esperienze variino in maniera significativa, molt* dipendenti indicano ancora di non credere che qualcuno li supporti quando si trovano ad affrontare situazioni difficili. Ad esempio, meno di un terzo delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti in tutti i Paesi concorda sul fatto che il proprio management sia pronto a sostenerl*  in questi momenti.

Molte questioni legate alla diversità stanno avendo impatti negativi  sia per gli individui che per i datori di lavoro: ca. il 50% della forza lavoro negli ultimi anni ha lasciato un impiego per motivi riconducibili alla mancanza di equità e di inclusione.

Questo momento storico, proprio a causa dei grandi sconvolgimenti che il mondo ha attraversato e continua ad attraversare, potrebbe essere quello giusto, per molte organizzazioni, per riscrivere radicalmente le regole del lavoro.

Con il ritorno di milioni di persone al lavoro in presenza, è il momento giusto per sfidare lo status quo, trasformare la cultura aziendale e sviluppare un nuovo approccio alle questioni di Diversità, Equità e Inclusione che consenta un cambiamento radicale, un vero cambio di passo.

Per far fronte a questo momento storico, infatti, le imprese devono guardare questa tematica da una prospettiva completamente nuova ridefinendo:

  • il motivo per cui la DEI è vantaggiosa per l'organizzazione
  • chi deve essere al centro degli sforzi DEI
  • i criteri e le modalità di ideazione e sviluppo delle iniziative.

Le aziende hanno un'opportunità unica nella loro vita per re-immaginare e ridisegnare i luoghi di lavoro e ‘codificare’ nuove norme culturali e nuovi modi di lavorare diventando più resilienti di quanto siano mai state.

I valori

Il concetto di ‘diversità’ viene spesso inteso come uno sforzo collettivo per aumentare la rappresentanza di determinati gruppi demografici all'interno di un'organizzazione.

Nel corso del tempo, questa visione si è sempre più ampliata fino a comprendere l’uniformità delle ‘regole del gioco’ così che i membri dei gruppi sottorappresentati abbiano le stesse opportunità di sviluppo e di avanzamento di carriera dei lavoratori del gruppo maggioritario (‘equità’) e sia loro garantita  un'esperienza positiva e di supporto sul posto di lavoro (‘inclusione’).

Sebbene questi risultati siano ancora di importanza cruciale, il quadro della DEI deve essere notevolmente ampliato.

La DEI è vantaggiosa per l'organizzazione

Certamente, uno degli obiettivi primari di tutte le aziende oggi è quello di ‘sbloccare’ l’accesso al valore del proprio capitale ‘umano’ per conseguire un vantaggio competitivo a lungo termine.

Per ottenere questo, le aziende devono assicurarsi che il maggior numero possibile di persone contribuiscano, collaborino e, anche in virtù di questo, ottengano prosperità e soddisfazione dal loro lavoro.

Ciò permette all'organizzazione, a sua volta, di attrarre e trattenere i migliori e più vari talenti possibili, e di realizzare i migliori risultati aziendali.

Le strategie di DEI costituiscono uno strumento fondamentale che può essere utilizzato per realizzare questa missione e dovrebbe essere inquadrato come tale.

Dopotutto, quello nelle persone – nel capitale rappresentato dalle persone - è spesso uno dei maggiori investimenti di un'azienda e sappiamo che una forza lavoro più diversificata contribuisce a migliorare i risultati aziendali. Un numero crescente di ricerche, infatti, dimostra che organizzazioni con forza lavoro e team di leadership diversificati sono più innovative, più produttive e maggiormente  in grado di prosperare durante i periodi di crisi economica.

Inoltre le macro-tendenze demografiche amplificano ulteriormente la necessità di  Diversità, Equità e Inclusione nei luoghi di lavoro.

I/Le leader non possono semplicemente aspettarsi che un sistema costruito per la forza lavoro omogenea di ieri sia sufficiente per continuare ad avere successo per la generazione più eterogenea di oggi.

E’ necessario avere più coraggio ed espandere il nostro modo di pensare. Per decenni  abbiamo definito la diversità in opposizione a un unico archetipo: di solito bianco (soprattutto negli Stati Uniti e in Europa), cisgender, etero, di mezza età. Questa visione limitata e riduzionistica, non ci ha aiutato e, anzi direi, è stata addirittura fuorviante.

In ogni caso, oggi, non possiamo continuare a definire la diversità in termini oppositivi. Tra l’altro questo ha drammaticamente rafforzato le relazioni conflittuali tra ‘maggioranza’ e ‘minoranza’.  

È indispensabile un cambio di mentalità cruciale, un vero cambio di paradigma: la DEI include tutt* e vede tutt* come beneficiari(e).

Per questo bisogna ridefinire il significato di diversità all'interno dell'organizzazione. Non si tratta solo di razza, etnia, sesso o orientamento affettivo. 

La diversità si presenta in molte forme. Un'ampia gamma di identità può influenzare il rendimento delle persone sul lavoro, ma queste sono spesso invisibili o non rientrano naturalmente nel nucleo di categorie di diversità su cui si concentrano i datori di lavoro. Di conseguenza, si tiene molto poco conto di queste differenze.

Per attrarre e trattenere la forza lavoro di nuova generazione, le aziende non possono continuare a offrire benefit e politiche che soddisfano le esigenze solo di ristrette fasce demografiche tradizionali all'interno dell'azienda.

Devono invece capire cosa motiva gli individui e cosa li ostacola. Devono ideare soluzioni creative che permettano alle persone di dare il meglio di sé al lavoro.

I/Le leader devono porsi domande completamente nuove:

Quali sono gli elementi dell'identità che contano di più nel contesto del lavoro?

In che modo essi influenzano l'esperienza quotidiana delle persone e perché sono importanti?

E come può l'organizzazione affrontare questi temi in modo da creare vantaggio per le persone? (Il vantaggio delle persone è il ‘connettore’ tra la capacità di gestione del personale e la performance finanziaria superiore di un'organizzazione).

Chi deve essere al centro degli sforzi DEI

Lavorando con i nostri clienti abbiamo osservato che le iniziative DEI sono molto più efficaci quando le aziende capiscono quali sono le differenze che contano davvero, nell'intera popolazione aziendale, in termini di esperienze e capacità di svilupparsi e prosperare dei singoli.

Finora, invece, spesso, ci si è limitati a un approccio di base che di fatto azzera l’effetto su chi dovrebbe essere al centro degli sforzi DEI. Le aziende tendono a enfatizzare una serie specifica di categorie di diversità, come le donne, le persone di colore, le persone che si identificano come LGBTQ, e fanno una grande quantità di nobili sforzi per progettare soluzioni mirate a questi gruppi.

Ma le ricerche dimostrano che altri fattori possono essere altrettanto importanti nel definire l'esperienza lavorativa di ogni individuo, se non addirittura più importanti.

Dobbiamo andare oltre le nostre convinzioni ‘abituali’ di cosa influisce sulla capacità di una persona di prosperare, riconoscendo un'ampia gamma di potenziali attributi personali in aggiunta a quelli che sono stati sono stati il fulcro storico degli sforzi delle organizzazioni in materia di DEI.

Alcuni fattori demografici (come l'età, il contesto socioeconomico e lo status di immigrato, ad esempio), il contesto di vita (come lo status di caregiver o l'appartenenza a un nucleo familiare a doppia occupazione), o le differenze fisiche e mentali (come la disabilità fisica, la neurodiversità, la malattia cronica, problemi di salute mentale o anche personalità o stili di risoluzione dei problemi diversi), possono giocare un ruolo importante nel definire chi sono i lavoratori e le lavoratrici quando vengono al lavoro e come vivono il luogo di lavoro.

I fattori che fanno la differenza variano all'interno di ogni organizzazione. Per esempio, essere un immigrato o un musulmano in un ambiente di lavoro altamente diversificato può portare a esperienze molto diverse di quelle che possono fare un immigrato o un musulmano in un ambiente di lavoro italiano altamente omogeneo.

Un sistema costruito per la forza lavoro omogenea non può servire con successo una nuova e diversa generazione.

Inoltre, anche per lo stesso individuo, le esigenze possono variare nel tempo. Chi entra nel mondo del lavoro appena uscito dall'università può dare priorità all'apprendimento e all'avanzamento di carriera. Quando la stessa persona diventa genitore, può dare priorità alla flessibilità del lavoro. E quando assume un ruolo di leadership importante, potrebbe iniziare a dare priorità ai risultati dell'azienda rispetto a quelli strettamente personali.

Perché le iniziative DEI abbiano vero successo, le aziende devono comprendere meglio le relazioni tra identità, contesto e percorso di una persona nel corso della sua carriera:

  • molti fattori importanti e che influenzano le prestazioni di lavoro si combinano in vari modi, con diversi gradi di importanza
  • quali fattori sono importanti e determinano risultati significativi può variare notevolmente a seconda della cultura aziendale e della posizione geografica
  • i fattori importanti possono cambiare con l'evolversi della carriera e delle circostanze individuali.

Numerosi elementi di questo tipo non vengono considerati.

Con così tanti fattori in gioco, le soluzioni semplici e unidimensionali rischiano di essere inadeguate.

Capire cosa conta davvero per il personale non è così diverso dal comprendere, per soddisfarle, le esigenze della clientela.

La chiave è riconoscere che, come  i semplici fattori demografici (età, sesso, reddito) non ci dicono tutto ciò che è necessario sapere sui clienti, lo stesso accade con i lavoratori e le lavoratrici.

Certo, questi elementi svolgono un ruolo importante, ma un insieme molto più ampio di variabili, che vanno ben oltre la demografia, tra cui il contesto, determinerà le diverse aspettative funzionali ed emotive in un determinato ambito e, in ultima analisi, saranno loro a guidare le scelte di chi acquista.

E’ necessario concentrarsi sui bisogni fondamentali delle persone a livello emotivo. Quando si pongono le domande giuste, è possibile creare una mappa che cattura l'intersezione delle variabili che contano davvero per i consumatori e capire quali esigenze emotive e funzionali che devono essere soddisfatte per soddisfare e fidelizzare un determinato gruppo di individui.

Per esempio, le aziende nel settore di viaggi e turismo hanno capito che non è sufficiente chiedersi: "Quali consumatori servo?"

Devono anche porsi altre domande: "Con chi viaggiano i miei consumatori?" "È per affari o per svago?" "Come vuole sentirsi il consumatore in questo viaggio?"

Le esigenze emotive e funzionali di un viaggiatore d'affari solitario (che potrebbe voler sentirsi produttivo) saranno molto diverse da quelle di una famiglia che viaggia con bambini piccoli (che potrebbe voler sentire meno stress).

Se vogliamo adottare un approccio simile con il personale, dovremo  sviluppare una comprensione ‘olistica’ di ciascun(a) lavoratore/trice, comprendendo un insieme molto più ampio di identità e atteggiamenti potenziali e individuare quando questi elementi si combinano in modo significativo.

Sarà allora necessario comprendere i bisogni emotivi fondamentali delle persone, non solo le loro esigenze tecniche o logistiche (la necessità di lavorare a tempo parziale, per esempio), ma anche i loro bisogni emotivi ("Voglio sentirmi a mio agio") e funzionali ("Ho bisogno di prevedibilità nei miei orari").

Si tratta di ‘attrezzarsi’ per scoprire che cosa conta davvero e che cosa influenza il benessere di chi lavora nell’organizzazione e le sue esperienze lavorative.

Con questa nuova consapevolezza e adottando questo nuovo approccio, le organizzazioni possono ideare benefit e politiche più innovative, personalizzate, che rispecchiano la vera diversità del luogo di lavoro.

Criteri e modalità di ideazione e sviluppo delle iniziative

Quando le aziende si concentrano su un insieme limitato di categorie di diversità, non riescono a cogliere tutti i più importanti fattori di unicità del loro personale, né ad affrontarne le diverse esigenze funzionali ed emotive.

Tendono, invece, a elaborare soluzioni pragmatiche che si adattano a categorie limitate (offerta di un ampliamento del congedo di maternità retribuito alle donne o la creazione di un gruppo di interesse interno per le persone LGBTQ, per esempio), senza alcuna prova tangibile, spesso senza verificare che questo realmente soddisfi i bisogni più importanti.

Non sorprende che, con il passare del tempo, queste iniziative pragmatiche ma spesso poco mirate, generino poco entusiasmo e rimangano limitate nella loro capacità di beneficiare le persone a cui sono destinate.

Alcune proposte 'basic', come il congedo parentale e l'orario flessibile, sono generalmente popolari ed efficaci,  ma la stragrande maggioranza manca il bersaglio.

Per cogliere nuove opportunità che consentano di realizzare un vero ‘cambio di passo’, le aziende devono pensare in modo diverso a come sviluppare le soluzioni a partire dall’identificare le differenze che contano davvero per le persone.

Piuttosto che dare per scontato che 'donna' o 'LGBTQ' sia l'identità più importante, le organizzazioni devono prendere in considerazione altri fattori che possono essere molto più importanti all'interno di quella particolare organizzazione, tenendo conto del contesto e del modo in cui le esigenze cambiano con l'evolversi del percorso di una persona e anche delle circostanze individuali.

Per esempio, se le donne sono considerate, di default, come il genitore primario, le politiche di sostegno alle donne lavoratrici trascureranno le esigenze dei papà che lavorano e che devono affrontare le stesse sfide. Ironia della sorte, in questo caso, le aziende staranno creando politiche di ‘inclusione’ che in realtà escludono una fascia potenzialmente consistente della forza lavoro.

Quando, invece,  si vedono le iniziative di DEI come uno strumento per generare il massimo valore per tutti, anche tale fascia ne beneficia, sentendosi vista nei propri bisogni e inclusa.

Allo stesso modo, le aziende possono creare soluzioni che guardano a esigenze specifiche, ma che non hanno un'applicabilità più ampia. Ad esempio, l'attenzione alle donne può portare a politiche di sostegno alle madri lavoratrici ma questo trascura completamente le esigenze dei caregiver che vanno oltre la genitorialità (come l'assistenza a : a un(a) partner malat* o ai genitori  anziani).

Allargando il campo d'azione ai ‘caregiver’, le aziende possono sostenere un numero e una varietà molto più ampi di lavoratrici e lavoratori che si trovano ad affrontare situazioni simili.

Se nel progettare delle soluzioni si prendono in considerazione ampie fasce demografiche, si realizzano ‘naturalmente’ benefici e politiche di ampio respiro, ma spesso questo non è sufficiente. E’ necessario  spingersi sotto la superficie per affrontare le esigenze fondamentali delle persone.

L’organizzazione può chiedersi: "Come possiamo soddisfare le esigenze dei nuovi genitori?"

La risposta di primo acchito potrebbe essere qualcosa come offrire giorni in più rispetto a quelli di legge di congedo di maternità o paternità o pagare per intero il congedo facoltativo. Certo sarebbe un'ottima politica, ma produce un beneficio a breve termine che non risponde alle esigenze complessive delle persone. Quando queste tornano al lavoro, potrebbero aver bisogno di un orario più flessibile e di un supporto continuo nel loro nuovo ruolo di ‘genitore lavoratore’. Potrebbero anche sentirsi insicuri nel loro lavoro o preoccuparsi che la loro carriera rischi di bloccarsi se si trovano, ad esempio, a non poter partecipare a riunioni chiave del loro team a causa dei nuovi impegni o a dover lottare costantemente per bilanciare le esigenze della vita lavorativa e di quella domestica.

In parole povere, le persone hanno un insieme molto più complesso di bisogni funzionali ed emotivi sottostanti ai quali non può essere data risposta semplicemente offrendo un congedo di maternità o di paternità.

Le aziende devono identificare questi bisogni più profondi, e ideare un insieme più olistico di interventi e soluzioni che li soddisfino e contribuiscano a creare un senso di appartenenza e di inclusione.

E quindi, come progettare iniziative di Diversity, Equity & Inclusion davvero efficaci?

Il primo passo è trovare i modi più adeguati per quella specifica organizzazione – considerando dimensioni, popolazione, cultura, struttura e modalità organizzative, dati e strumenti esistenti ecc. – per coinvolgere sin dall’inizio nella ‘osservazione’ della realtà esistente e di tutte le ‘tipologie’ di bisogni esistenti, l’intera popolazione aziendale. Questo può essere fatto con survey specifiche, focus group, world cafè e altre tecnologie partecipative, senza dimenticare la possibilità di partire da opportune interrogazioni sui dati presenti nei sistemi informativi aziendali.

Dotandosi delle informazioni necessarie per andare oltre le categorie limitate di diversità che sono state l'obiettivo principale delle prime iniziative D&I condotte, sarà possibile identificare un insieme più completo di cluster che condividono esigenze comuni ed espandere i propri sforzi in queste aree.

Le organizzazioni possono intercettare e riconoscere le  identità ‘intersezionali’ più critiche e quelle spesso trascurate e assicurarsi che le soluzioni siano progettate in modo tale da coinvolgere tutti gli individui all'interno dell'organizzazione che potrebbero trarne vantaggio e affrontare direttamente le loro esigenze di fondo nel modo più complessivo  e significativo possibile.

Ma soprattutto, a un livello molto fondamentale, l'approccio incentrato sulla domanda crea una piattaforma ‘tecnica’ che consente alle aziende di capire cosa conta di più a seconda di ‘chi sono’ le persone e di cosa hanno bisogno ma soprattutto crea coinvolgimento, percezione di attenzione, dà voce a tutte e tutti ottenendo un effetto moltiplicatore in termini di sentimento di appartenenza  - belonging.

Utilizzando un tale approccio, le organizzazioni possono ‘sbloccare’ il potenziale di impatto positivo delle politiche di DEI realizzandone l'intento e l'aspirazione più audaci: consentire a ogni componente dell'organizzazione di collaborare e prosperare, alimentando così un vantaggio commerciale sostenibile e a lungo termine per l'azienda oltre a ottimizzare gli investimenti nelle iniziative specifiche.

Adottando il processo e gli strumenti del Design Thinking anche per le iniziative di Diversity, Equity & Inclusion, le aziende possono co-costruire progetti realmente efficaci, prototipare le iniziative e migliorarle attraverso i feedback mantenendo costante i contatto con i fruitori delle iniziative e la capacità di farle evolvere in maniera coerente con l’evoluzione dei loro bisogni.

Perché è importante

Per la stragrande maggioranza delle organizzazioni, la pandemia ha modificato radicalmente il modo in cui le persone si presentano al lavoro ogni giorno. Milioni di lavoratrici e lavoratori hanno sperimentato per la prima volta il lavorare da casa, il prendersi cura delle famiglie mentre lavoravano, molti hanno fatto i conti con cassa integrazione e disponibilità economiche ridotte e si sono trovati a chiedersi se la loro azienda sarebbe sopravvissuta. Altri, estromessi dal mondo del lavoro sono alla ricerca di nuove opportunità.

Mentre il mondo inizia a emergere dalla pandemia, molte organizzazioni stanno facendo un passo indietro per guardare ciò che è accaduto con un po’ di distacco e in un’ottica sistemica per comprendere cosa si può imparare dalle esperienze vissute e su come essere più efficaci e resilienti in futuro.

Questo rappresenta un'incredibile opportunità per le aziende di modificare radicalmente, intensificare e mirare in maniera più efficiente, efficace e generatrice di senso, i propri sforzi in materia di DEI.

Se considerato come un fattore critico della sostenibilità umana all’interno delle organizzazioni e di generazione di un vantaggio complessivo per le persone, l’impegno nella DEI diventa importante per l'intera popolazione aziendale.

Applicando un approccio basato sull’ascolto e la comprensione delle esigenze e sulla raccolta e analisi preventiva e partecipata di informazioni e dati, per comprendere le differenze e le esigenze funzionali ed emotive delle persone, le aziende possono sviluppare nuovi programmi e soluzioni che vanno oltre i benefit e le politiche standard per diventare molto più incisivi e duraturi.

Questo è il momento per i leader e per le organizzazioni, di costruire una cultura veramente diversa, equa e inclusiva, e di raccogliere i molti frutti che ne derivano.

Non sprechiamo questa opportunità tornando a lavorare come al solito. Il futuro delle nostre aziende e del nostro Paese dipende anche da questo.