Parità di genere: perché è importante

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Recentemente, il tema della parità di genere nei luoghi di lavoro ha ripreso quota in dibattiti, discussioni, convegni. Ciò soprattutto a causa della pubblicazione della prassi UNI/PdR 125:2022 relativa alla certificazione di parità di genere, nata da un tavolo di lavoro che ha riunito istituzioni e privati, per offrire alle organizzazioni linee guida chiare e univoche sul tema, in adempimento alle disposizioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

In Bottega Filosofica è un tema che ci vede impegnate da sempre, perché:

  • siamo donne che hanno lavorato in azienda
  • l'empowerment femminile è tra i nostri obiettivi di beneficio comune come società benefit
  • la parità di genere si innesta nel più ampio campo dell'inclusione, di cui siamo esperte e promotrici, anche grazie alla nostra partnership con Pluribus Global.

Tornando al tema, se ne parla da decenni, e nel tempo si sono susseguiti interventi di vario genere - da dichiarazioni di intenti a norme vere e proprie - per colmare un divario che affonda le sue radici in tradizioni, fatico a chiamarle culture, che appaiono progressivamente più obsolete ma che non sembrano cedere il passo.

Qualche dato numerico sul divario di genere

Una ricerca del 2021 del World Economic Forum ha rilevato che - nel mondo - mentre il divario tra uomini e donne si è quasi chiuso nelle aree salute e istruzione, è ancora molto alto nelle aree delle opportunità e partecipazione economica e ancora di più nella rappresentanza politica.

In questa classifica globale, che riguarda 156 Paesi, l'Italia è al 63°posto, considerando tutte e quattro le aree, mentre nella componente economica è addirittura al 116°.

Secondo l'ISTAT le donne sono la maggioranza delle persone laureate (56%) e di quelle che conseguono titoli post laurea (59,31%). Tuttavia, il tasso di occupazione delle donne è al 49,5% contro il 67,6% degli uomini.

Mediamente, le donne guadagnano il 16% in meno dei colleghi. Nei ruoli manageriali il divario sale al 23%.

Le donne in ruoli manageriali, in Italia, sono il 27% del totale.

È quindi evidente che, nonostante quanto già fatto, e una decisa evoluzione culturale e di consapevolezza soprattutto tra le giovani generazioni, molto è ancora da fare.

Parità di genere: cosa sta accadendo

In quest'ultimo biennio, si è deciso di intervenire più nettamente su questo divario.

L'occasione sono i fondi del PNRR e gli adempimenti richiesti per accedervi, inclusa la rendicontazione sulla parità di genere e - ora - anche la certificazione.

A questi adempimenti sono stati associati anche benefici fiscali, che si aggiungono a punti percentuali addizionali nei bandi per l'aggiudicazione dei fondi.

Ci sono, inoltre, alcuni benefici "indiretti".

Innalzamento del rating di merito creditizio

L’EBA (European Bank Authority) ha introdotto, tra gli standard volti a migliorare la concessione e il monitoraggio dei crediti, l’adesione ai criteri ESG (Environment, Social, Governance), considerati strumenti di predittività della stabilità economico – finanziaria delle imprese.

La parità di genere, impattando sia sull’area Social che su quella Governance, garantisce un complessivo innalzamento degli indicatori e la conseguente opportunità di accedere più facilmente a linee di credito a condizioni migliorative.

Mercato e filiere produttive

Il mercato è sempre più attento ai temi dell’inclusione con conseguente propensione, come già accade per la sostenibilità ambientale, a prediligere aziende attive sul tema.

Parimenti, le aziende tenute (>50 dipendenti) e/o interessate alla rendicontazione sulla parità di genere devono tenere conto di tutta la filiera.

Aderire alla disciplina consente di entrare più facilmente in filiera con queste aziende.

Crescita economica

Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, se in Italia le lavoratrici fossero numericamente pari ai lavoratori, il PIL aumenterebbe del 11%.

Parità di genere: molto più di un adempimento

È importante sottolineare che, nel caso della certificazione di parità di genere, l'intenzione va ben oltre il mero adempimento.

Questa intenzione più profonda è esplicitata nella Prassi Uni: “(...) avviare quel percorso sistemico di cambiamento culturale nelle organizzazioni e nella Società tutta al fine di raggiungere una più equa parità di genere.”

E ancora: “Lo sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo richiede difatti un impegno costante e un contributo di tutta l’organizzazione in termini di linguaggio, politiche, processi, pratiche organizzative, e comportamenti consci e inconsci delle singole persone.”

Non a caso:

  • su sei aree di osservazione due sono quantitative e quattro qualitative
  • la prima area di valutazione è 'cultura e strategia'

Ciò che si chiede alle imprese non è di corrispondere a dei criteri numerici o di adempiere a dettami normativi.

Del resto, sotto il profilo squisitamente giuridico, la disparità tra uomini e donne non solo non è prevista ma è proprio vietata. Eppure, esiste.

Su questa consapevolezza, si è scelto di chiedere alle organizzazioni di lavorare più nel profondo, sui valori, sui pensieri e sui comportamenti. La consapevolezza alla base di questa scelta saggia e coraggiosa è che certe cose non possono essere semplicemente imposte.

I cambiamenti culturali richiedono scelte consapevoli, coinvolgimento a tutti i livelli, lavoro individuale e di gruppo, condivisione di idee, pensieri e sensazioni.

Infatti, gli interventi richiesti dalla Prassi UNI, il più delle volte, non riguardano processi codificati - il cui adempimento è rispettabile e verificabile con la semplice spunta di un elenco - ma riguardano:

  • facilitazione di percorsi dedicati all'identificazione, e poi al superamento, di stereotipi, preconcetti e pregiudizi
  • facilitazione di processi di inclusione fondati sul dialogo, il linguaggio e l'ascolto
  • facilitazione di percorsi di empowerment delle donne nelle organizzazioni
  • attività di coaching e finalizzate al back to work per lavoratrici e lavoratori che abbiano usufruito di congedi per esigenze di cura
  • formazione sul management perché favorisca il mantenimento della relazione tra lavoratrice / lavoratore e l'organizzazione durante il congedo e faciliti poi il rientro al termine del congedo stesso
  • formazione a-tecnica sulle persone in congedo durante il congedo con l'esplicito intento di mantenere la connessione con l'organizzazione

E tutto questo non è immaginato in un giorno o un mese, ma strutturato in un piano d'azione pluriennale da comunicare nell'organizzazione a tutti i livelli, e per il quale prevedere una preparazione specifica dei ruoli apicali.

Considerazioni finali

L'obiettivo è decisamente sfidante e non privo di un certo grado di difficoltà.

Ma, evidentemente, i tempi sono maturi per un passo in avanti culturale che vada ben oltre un 'bollino' di rispondenza a criteri, e coinvolga le organizzazioni nel loro profondo.

E che magari esca da logiche rivendicative per approdare a una visione realmente inclusiva, in cui anche gli uomini vengano liberati da stereotipi legati al loro genere che li vogliono votati al lavoro, sempre forti, competitivi e vincenti.

Noi che da anni ci occupiamo di questi processi, affiancando le imprese nell'introdurli in modo sostenibile e autentico, senza forzature e irrigidimenti, siamo felici che l'argomento sia ora così centrale e continueremo ad accompagnare - anche con i nostri servizi in tema di inclusione e di empowerment delle donne - le organizzazioni che vogliano misurarsi su questo cambio culturale, perché possano certificarsi e - prima e di più - essere migliori per sé e per il mondo.