Stoccolma, IDG Global Summit 2023

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La settimana scorsa tutte noi di Bottega Filosofica abbiamo partecipato al IDG Global Summit 2023 dal titolo “Connecting the Dots. From inner growth to outer change”, insieme ad altre 1500 persone lì da tutto il mondo e più di 7000 collegate in remoto.

Obiettivo dell'IDG Summit era riunire la comunità globale che sta co-creando il Framework IDG ed esplorare come fare leva sul potere dello sviluppo interiore per le sfide che dobbiamo affrontare come umanità.

Abbiamo incontrato alcuni dei migliori leader che si occupano sia di sviluppo interiore che di sviluppo sostenibile e ci siamo dedicate a:

  • capire come queste due aree possano essere integrate
  • esplorare il modo in cui possiamo collegare i punti per usare la trasformazione interiore come leva per la trasformazione esterna di cui abbiamo bisogno
  • confrontarsi anche sulle pratiche per apprendere reciprocamente tra i partecipanti.

Cosa ci siamo portate a casa noi di Bottega Filosofica?

Una prima impressione di carattere generale è che le conversazioni a cui abbiamo partecipato al Summit siano conversazioni che vivono anche tra di noi. Al Summit alcune con una verticalità molto più spinta su un tema particolare, altre più di cornice e orientamento generale e, quindi, molto vicine alle nostre.

Nell’insieme un invito a considerare l'essere umano e il suo modo di leggere la realtà, e quindi di agire, come  la chiave di volta per poter realmente cambiare qualcosa anche sui temi verticali.

Pertanto, una focalizzazione su entrambi i piani – generale e specifico -  con la consapevolezza che tutto dipende da ciascuna persona, ma anche più che da ‘me’, da ‘noi’ giacché nessun essere umano esiste se non all’interno anche di una prospettiva collettiva.

Urgenza, Speranza e coerenza

Interventi coinvolgenti e di grande ispirazione, alcune verticali (climate change e policrisi globale, ad esempio) scioccanti per certi versi - raramente entriamo in quelle dimensioni nella quotidianità - portate sul tavolo a volte con un realismo quasi cinico, a volte con grande speranza ma con un senso di urgenza forte, condiviso da tutti le persone che sono intervenute.

Questo senso di urgenza ci ha colpito. Forse più che in altre occasioni. Ci ha fatto fermare e desiderare di rifletterci di più.

Abbiamo rilevato anche una grande coerenza nel presentare gli interventi, e tra gli interventi stessi, anche quando la prospettiva era molto diversa.

Il framework IDG sembra rappresentare davvero una cornice di senso all’interno della quale grande rilievo è stato dato anche alle performance artistiche – fisiche – che hanno introdotto ognuna delle aree IDG. Una bella alternanza tra pensare, fare esperienza, ascoltare testimonianze di grande ispirazione.

Anche la scelta dello spazio in cui si è svolta la prima giornata, non ci è sembrata casuale. Eravamo in un teatro da duemila posti strutturato come il tendone di un circo e che, infatti, si chiama Circus.

Il circo è un luogo che artisticamente rimanda all'arte, all'artigianalità, alla corporeità. In entrambe le giornate c'è stata una attenzione costante a coinvolgere i sensi e il corpo nel percorso di evoluzione e l'arte è stata utilizzata come strumento per favorire e sottolineare la necessità di implicare pienamente anche la dimensione fisica ed emozionale.

In sintesi abbiamo percepito il format come costruito molto bene – c’è stata una grande regia e tantissima cura – e con la capacità di garantire quella dinamicità, quel ritmo, quella visione a 360° necessaria per stare in un percorso di sviluppo interiore che attivi il cambiamento nei contesti.

Nessuno ha la 'verità'

Un altro aspetto che tutte abbiamo apprezzato, in tutti gli interventi sul palco e in tutte le condivisioni tra i partecipanti, è che nessuno pensasse di “avere la verità”.

Nessuno è arrivato, nessuno sa come fare, nessuno ha niente da insegnare. I diversi contributi si sono integrati naturalmente, potremmo dire, per abduzione in maniera armonica. Molteplici punti di vista sulla stessa cosa, voci polifoniche per riconoscere e tracciare un cammino esperienziale, di scoperta comune.

Importante, infine, anche il chiedersi tutti insieme quali sono i principali rischi che corriamo, quali sono le preoccupazioni circa lo sviluppo della community IDG. L’esprimersi collettivamente per anticipare quelli che possono essere i rischi  e poterli gestire, ci è sembrato un approccio molto sano e nuovo.

Tra tutte le preoccupazioni espresse, una in particolare è risultata condivisa dalla maggior parte dei presenti, il rischio di essere percepiti – e magari anche essere, talvolta – come poco concreti, ovvero rimanere troppo astratti e distaccati, costituire un'avanguardia che però “se la suona e canta da sé”.

Un rischio reale di quelli capaci di ‘bruciare’ tutto questo che stiamo costruendo, l'averlo elicitato al Summit è stato un piccolo passo avanti di consapevolezza condivisa per mantenere un focus costante e forte sulla concretezza.

Siamo avanguardia

Ci siamo quindi portate a casa la sensazione di “essere pienamente parte”, nel senso che non ci siamo sentite distanti dai keynote speaker ma anzi ci siamo spesso scambiate tra noi degli sguardi che dicevano “è tutto molto risonante, ogni pezzo del puzzle che si va componendo attraverso i diversi interventi è anche dentro il nostro modo di lavorare e di vivere”.

Ci siamo effettivamente sentite, come spesso ci accade in questo tipo di contesti internazionali, parte di un movimento d’avanguardia.

Diecimila persone non sono niente rispetto agli otto miliardi che abitano la Terra, è vero, però è un movimento che vede insieme chi lavora nel campo dello sviluppo, chi dell'educazione, chi delle grandi istituzioni internazionali come ONU e Unione Europea, chi delle strutture di governance a diversi livelli, chi delle imprese, chi delle associazioni sul campo, e tanti altri.

Catalizzare le energie in movimento

Il framework IDG, la visione che gli sottende appare un potente aggregatore – un catalizzatore - di tante persone che si adoperano, quotidianamente con il proprio impegno, i propri talenti e i propri saperi, perché gli SDG siano effettivamente raggiunti.

E anche il framework non è statico, ha solo due anni è già è stata lanciata una nuova survey globale con l’obiettivo di ricevere ed elaborare un numero molto più elevato di risposte (quelle alla base dell'attuale framework erano ca. 2000) e soprattutto provenienti dalle parti del mondo allora meno presenti nella community come Asia, Medio Oriente, Africa, Sud America.

Un nuovo modo di guardare allo sviluppo personale

Quello degli IDGs, appare come un framework in cui andare a collocare in maniera sensata ed efficace tanti modi di lavorare per lo sviluppo personale ma in una logica non individualista e nonfunzionalista’. Anche questo ci è parso molto rilevante.

Abitualmente, anche nel mondo che frequentiamo noi di Bottega Filosofica, si dà allo sviluppo personale una finalità di benessere individuale o organizzativo, oppure esso è richiesto in vista di potenziali sviluppi di carriera.

Cose che riguardano la persona singola o, nella migliore delle ipotesi, la persona che presidia una funzione nell’organizzazione o che ricopre un ruolo, che è un manager, un membro del team. Quindi la persona coincide con il suo ‘funzionare’.

Nella visione degli IDGs, invece, lo sviluppo personale è visto come una necessità etica ed evolutiva globale e, in qualche modo, si afferma che tutti, in qualunque contesto, siamo chiamati a fare la nostra parte per l'evoluzione e la conservazione, la sopravvivenza della specie umana. Questo lo colloca in un altro quadro e ci sembra molto significativo.

Una chiamata a uscire dal proprio individualismo - e da quello della propria organizzazione - per sentire che stiamo respirando insieme e questo respiro è il respiro del mondo.

E se abbiamo l'asma, se il mondo ha l’asma, bisogna che ci curiamo. Ci prendiamo cura della nostra interiorità, perché questo curarsi individualmente cura tutto il resto. “Inner growth for outer change”.

Tra tutti gli interventi, nessuno escluso di grande valore, ci piace ricordarne due in particolare.

Il  è sempre più collettivo

Quello di Daniel J. Siegel, professore di Psichiatria alla School of Medicine della University of California, Executive Director del Mindful Awareness Research Center e del Mindsight Institute, che, a proposito della dimensione ’Sé' (Self) nell’area delle Essere (Being) ha invocato il passaggio da un modo di concepire il  come individuale a un Sé guardato come collettivo.

Quando parliamo di Essere non dovremmo più riferirci solo all’Essere della singola persona ma all’Essere di un insieme che potenzialmente coincide con tutti gli esseri umani, ma anche tutti i viventi e anche tutto il Pianeta, anch’esso, nel suo complesso, organismo vivente.

Per questo concetto Daniel propone la parola MWE, ‘me’ e ‘we’ – me e noi - insieme, indivisibili.

Una visione nella quale ci siamo certamente riconosciute. Chi ci conosce sa che, sia tra di noi partner di Bottega Filosofica, sia nelle relazioni con le aziende e le persone nostre clienti, la dimensione ‘io’ è sempre pensata, sentita, proposta ed esplorata all’interno del ‘noi’, della relazione – situata – con i contesti.

Attivisti dell'immaginazione

Un altro intervento che abbiamo trovato particolarmente stimolante e risonante è stato quello di Phoebe Tickell, founder e Executive Director di Moral Imaginations.

Phoebe ci ha presentato il suo concetto di “Imagination Activism” illustrandolo come "un nuovo tipo di attivismo alimentato da immaginazione e visione e supportato da strumenti idonei per rendere il mondo migliore per tutti".

Ha evidenziato la necessità di immaginare le cose in modo diverso, di espandere il numero delle persone capaci di immaginare e di andare oltre i limiti delle forme tradizionali di attivismo che si concentrano sul combattere l’esistente per dedicare tutte le energie a immaginare il nuovo.

Si tratta di immaginare un nuovo modo di fare le cose anziché cercare un modo per correggere e aggiustare ciò che si è rotto e non funziona più.

L’immaginazione è un muscolo e, come tutti i muscoli, può essere allenata.

Un attivista dell'immaginazione è una persona che espande e fa lavorare i propri muscoli dell'immaginazione, per espandere i propri modi di pensare e il proprio senso di ciò che è possibile e realizzabile e che si dota di strumenti, domande ed esercizi per creare modi che aiutino anche gli altri a espandere la propria immaginazione.

In questo modo si portano nuove possibilità nel presente e si amplia lo spazio di ciò che sembra possibile.

Nell'attuale stato del mondo e nelle infinite notizie negative che si susseguono è importante non sottovalutare e riconoscere con realismo la gravità delle crisi in cui ci troviamo ma non bisogna rimanere bloccati nella mancanza di speranza.

Gli attivisti dell'immaginazione nutrono attivamente la speranza, non la sua mancanza.

Vedono il dolore del mondo e non distolgono lo sguardo. Ma credono che un mondo migliore sia possibile, e attingono agli strumenti della creatività, dell'ispirazione e della speranza per agire e costruire quel mondo migliore oggi.

Ci siamo riconosciute anche noi, con il nostro modo di lavorare, come attiviste dell’immaginazione.

La seconda giornata

Nella seconda giornata le persone partecipanti al Summit si sono divise in cinque track, cinque ambienti di lavoro nei quali confrontarsi e sperimentare rispetto a una specifica delle cinque aree del Framework IDG.

Questi i track:

  1. IDGs in The Corporate World
  2. How on Earth Can We Work Together? Global Collaboration on the IDGs
  3. Inner Mastery, Outer Impact: Leadership through IDGs
  4. Make it Matter. Accelerating towards Sustainable Solutions through The IDGs
  5. Tech & AI: Catalyst or Catastrophe for Inner Development?

Noi abbiamo scelto di dividerci nei primi 4 e così Sandra ha partecipato al Track 1, Daniela al Track 2, Francesca al Track 3 e Myriam Ines al Track 4.

Se sei curioso di sapere come è andata, ne trovi un breve resoconto qui.

E se vuoi vivere alcuni momenti della nostra esperienza