La gratitudine è uno stile di vita

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Gratitudine. In quella che, in natura, è la stagione del raccolto, ci è sembrata una parola interessante da esplorare e strattamente connessa con 'apprezzamento', l'IDG che abbiamo scelto di esplorare in questo mese

'GRATITUDINE'

Come ormai è diventata una sorta di consuetudine, cominciamo con una breve e personale passeggiata attraverso il pensiero filosofico occidentale, ma anche orientale vista la centralità del concetto di gratitudine nella riflessione e, soprattutto, nelle pratiche spirituali di tutti i tempi e luoghi.

Gratitudine, infatti, è una di quelle parole che possono essere definite ‘eterne’ giacché è, allo stesso tempo, originaria e archetipica, ha una natura intima ma relazionale, valuta il passato ma è orientata al futuro.

Inoltre, quando è sganciata dalla logica del contraccambiare e non alimenta dipendenza o vincoli di riconoscenza forzata, è un sentimento generativo. 

Quando la gratitudine viene compresa nella sua valenza simbolica, nella gratuità ed è provata in maniera autentica, genera connessione, relazione profonda e, nella vita pratica, solidarietà.

Gratitudine, infatti, deriva dal latino gratus, ed è una parola - passata dal latino all’italiano per via popolare, subendo solo un adattamento minimo – la cui origine prima sembra sia il lodare – cantare le lodi -, il celebrare riferito a qualcosa di indefinito e grande derivante dal favore imperscrutabile della divinità. Diversa quindi da riconoscenza, termine che rimanda a un relazione e a un oggetto molto più specifici.

La gratitudine nel pensiero occidentale

Nel pensiero filosofico antico occidentale, la gratitudine è vista come una virtù morale, un sentimento umano universale di riconoscenza e apprezzamento per ciò che riceviamo dagli altri o dalla vita stessa che è stato esplorato in diverse scuole che ci offrono una varietà di prospettive sulla sua natura e importanza in relazione al nostro essere e alla nostra interazione con il mondo circostante.

Nelle antiche tradizioni filosofiche, la gratitudine era vista come una virtù essenziale per una vita ben condotta e per relazioni armoniose con gli altri.

In particolare i filosofi stoici hanno attribuito grande valore alla gratitudine incoraggiando il riconoscimento delle benedizioni della vita e il senso di riconoscenza verso il destino e il corso degli eventi.

Scrive Epitteto, filosofo stoico, nelle sue “Diatribe”: “Prendendo spunto da ciascuno degli avvenimenti che si verificano nel mondo, è facile lodare la Provvidenza, a condizione che si posseggano due cose: la capacità di abbracciare con un solo sguardo tutto ciò che a ciascuno accade, e il senso della gratitudine. Se no, o non si vedrà l’utilità degli avvenimenti, o non se ne proverà un senso di riconoscenza, neppure vedendone l’utilità”.

E nei “Discorsi”: “L’uomo saggio non si addolora per le cose che non ha, ma si rallegra per quelle che ha”.

Marco Tullio Cicerone, massimo oratore romano così definiva la gratitudine “non è soltanto la principale virtù, ma anche la madre di tutte le altre”. 

Seneca, filosofo stoico latino, parla della gratitudine nel suo “De Beneficiis” e nelle “Lettere a Lucilio” in cui scrive: “Perciò come ho già detto, il dimostrare gratitudine è un bene maggiore per te che per il tuo prossimo; a lui càpita un fatto comune, di tutti i giorni, riavere quello che ha dato, a te un fatto importante, generato da uno stato d'animo di intensa felicità, aver dimostrato gratitudine. Se la malvagità rende infelici e la virtù felici, e l'essere riconoscenti è una virtù, hai dato una cosa comune e ne hai ottenuta una di valore inestimabile, la coscienza della gratitudine, che nasce solo in un animo straordinario e fortunato”.

La raccolta dei “Pensieri” dell'imperatore romano Marco Aurelio, filosofo stoico, inizia con un lungo ed argomentato elenco che potremmo definire un ‘libro della gratitudine’ in cui sono raccolte tutte le dediche fatte dall’imperatore a tutte le persone che lo hanno amato e ispirato, dai familiari ai propri maestri. Di ognuno, Marco Aurelio ricorda, soprattutto, il motivo per cui si sente grato lasciando intendere che ben poco rimane di noi se non celebriamo ciò che abbiamo ricevuto da altri e il legame che con questi rimane per tutta la vita.

La gratitudine allora è memoria e attraverso questa, riconoscimento di sé.

La gratitudine verso Dio è un elemento centrale della fede e della teologia di Sant’Agostino che la considerava una risposta adeguata all'amore e alla grazia di Dio verso gli esseri umani. Agostino vedeva la vita umana come un dono di Dio e invitava le persone a essere grate per ogni aspetto della loro esistenza.

La gratitudine verso Dio è vista come un modo per comprendere il piano divino e riconoscere l'amore e la provvidenza di Dio nella propria vita.

In tutta la pratica religiosa cristiana la gratitudine assume questa valenza.

Successivamente la gratitudine ha continuato a essere guardata dai filosofi anche nella sua espressione laica prevalentemente come una virtù morale, un dovere o una risposta naturale, rimanendo una dimensione essenziale nell'ambito delle relazioni umane e un modo per esprimere la nostra umanità e la nostra connessione con gli altri esseri umani e con la Natura.

La gratitudine nel pensiero orientale

Anche in Oriente sin dall’antichità la gratitudine è un sentimento che esprime apprezzamento e riconoscimento per ciò che si ha o si riceve, una fonte di saggezza e di felicità che ci aiuta a vivere in armonia con noi stessi e con il mondo.

Nel Confucianesimo, una delle filosofie più influenti dell'Asia orientale, la gratitudine è considerata una virtù fondamentale. La reciproca gratitudine tra genitori e figli, insegnanti e studenti, sovrani e sudditi è vista come essenziale per mantenere l'armonia sociale e le relazioni corrette.

Il rispetto e la gratitudine verso gli anziani e i predecessori assumono particolare valore. Confucio sottolineava come la gratitudine sia una forma di rispetto verso coloro che ci hanno aiutato o guidato.

Il filosofo confuciano Mencio (372-289 a.C.) affermava che la gratitudine è una delle quattro virtù innate dell'essere umano, insieme alla benevolenza, alla giustizia e alla saggezza. Per Mencio, la gratitudine è il fondamento della lealtà e della filialità, due valori fondamentali della società cinese.

Nel Taoismo, la seconda delle tre grandi filosofie della Cina basata sulle leggi della Natura, essere in armonia con il Tao - il principio fondamentale che governa l'universo - e con la natura è considerato una fonte di benedizione e di prosperità. La gratitudine è vista come un modo per allinearsi con il flusso naturale della vita e apprezzare le benedizioni presenti nel momento presente.

Anche nell’Induismo la gratitudine è una pratica spirituale profonda che coinvolge la devozione verso il divino, il rispetto verso gli altri esseri viventi e la connessione con la Natura. Essa è considerata una virtù che aiuta a coltivare l'umiltà, la compassione e un atteggiamento positivo verso la vita e il cosmo.

Nel Buddhismo, la gratitudine è un valore fondamentale e una pratica spirituale essenziale che coinvolge il riconoscimento dell'interconnessione di tutte le cose, l'umiltà verso gli insegnamenti e il sostegno ricevuto e la compassione verso gli altri esseri senzienti. Essa riveste un ruolo importante nel cammino verso l'illuminazione e una vita felice.

Una delle massime del Buddha recita “C’è sempre qualcosa di cui essere grati. Non essere così pessimista se ogni tanto le cose non vanno come vorresti. Sii sempre riconoscente per gli affetti e le persone che già hai vicino a te. Un cuore grato ti rende felice.”

E’ evidente, da quanto detto finora che da sempre e ovunque, nella riflessione e nelle pratiche spirituali, la gratitudine è una via di connessione con il divino e di consapevolezza, un sentimento e una pratica che ci consentono di vivere una vita più armoniosa e felice.

Gratitudine anche come moderna pratica di benessere

La gratitudine è un concetto importante anche in psicologia ed è stato ampiamente studiato per i suoi effetti positivi sulla salute mentale e il benessere emotivo delle persone. La psicologia ha dimostrato che la pratica della gratitudine può avere numerosi benefici sia per l'individuo che per le relazioni interpersonali.

Gli studi e le ricerche nel campo della psicologia e delle scienze sociali, scrive Robert Emmons, unanimemente considerato il più autorevole ricercatore ed autore sul tema, “hanno mostrato che la gratitudine è positivamente correlata a risultati fondamentali quali la soddisfazione nella vita, la vitalità, la felicità, l’autostima, l’ottimismo, la speranza, l’empatia e la volontà di fornire un supporto emotivo e tangibile per altre persone”.

Sull’onda di questi studi, la gratitudine è diventata molto ‘popolare’ con il rischio, sempre possibile, di banalizzarne significato e pratiche.

La gratitudine è certamente una virtù che ci aiuta a riconoscere i doni che riceviamo dalla vita, dagli altri e da noi stessi. È un sentimento che ci rende più felici, più generosi e più aperti al cambiamento. Ma cosa succede quando essa diventa un obbligo, un imperativo, una moda? Cosa succede quando la gratitudine viene usata come uno strumento per manipolare, colpevolizzare o sminuire le persone?

La gratitudine non è una ricetta magica

Una delle tendenze più diffuse nel campo del benessere e dello sviluppo personale è quella di promuovere la gratitudine come una pratica quotidiana che può migliorare la nostra vita in tutti gli aspetti.

Si dice che basti scrivere ogni giorno tre cose per cui siamo grati, o ripetere mentalmente delle frasi di ringraziamento, per attirare l'abbondanza, la felicità e il successo. Si dice che la gratitudine sia la chiave per trasformare le sfide in opportunità, i problemi in soluzioni, le lamentele in apprezzamenti.

Tuttavia, la gratitudine non è una ricetta magica che funziona sempre e per tutti.

Non basta essere grati per cambiare la nostra realtà o per risolvere i nostri problemi.

Non possiamo pretendere che la gratitudine ci faccia accettare passivamente le ingiustizie, le violenze, le sofferenze che ci circondano o che viviamo in prima persona.

Non possiamo usare la gratitudine come una scusa per evitare di affrontare le nostre emozioni negative, i nostri conflitti interiori, i nostri bisogni insoddisfatti.

La gratitudine non è un obbligo

Un altro aspetto critico della banalizzazione della gratitudine è quello di trasformarla in un obbligo morale o sociale.

Spesso sentiamo dire che dobbiamo essere grati per quello che abbiamo, perché ci sono persone che stanno peggio di noi, perché potrebbe andarci peggio, perché non abbiamo il diritto di lamentarci.

Spesso riceviamo dei messaggi che ci fanno sentire in colpa se non siamo grati abbastanza, se esprimiamo delle critiche, se manifestiamo dei desideri.

Questo spesso nasconde un intento manipolatorio e fa leva sulle nostre incertezze e debolezze per mantenerci in uno stato di dipendenza o di minorità.

La gratitudine non è un obbligo che dobbiamo imporci o subire.

È una scelta libera e consapevole che facciamo quando ci rendiamo conto del valore delle cose e delle persone che abbiamo nella nostra vita.

È un atto di amore verso noi stessi e verso gli altri, non di sacrificio o di sottomissione.

un modo per esprimere la nostra gioia e il nostro entusiasmo, non per reprimere l’indignazione, il desiderio, la tristezza o il dolore.

La gratitudine non è una moda

Un terzo aspetto critico della banalizzazione della gratitudine è quello di ridurla a una moda passeggera e superficiale.

Oggi la gratitudine è diventata un fenomeno mediatico, un argomento di tendenza, un prodotto di consumo.

Basta aprire i social network, le riviste, i libri, i siti web, per trovare una miriade di consigli, testimonianze, sfide, citazioni, immagini, video, che parlano di gratitudine. Basta andare nei negozi, nei mercatini, online, per trovare una varietà di oggetti, come quaderni, tazze, cuscini, braccialetti, candele, che riportano la parola gratitudine o frasi ad essa correlate.

Non c'è niente di male nel diffondere la cultura della gratitudine e nel creare degli strumenti che ci aiutino a praticarla.

Il problema sorge quando diventa un modo per seguire la massa, per apparire migliori, per nascondere le nostre insicurezze.

Quando la gratitudine diventa un'abitudine meccanica e ripetitiva, che non ci coinvolge emotivamente e spiritualmente, quando 'gratitudine' diventa una parola logora, vuota e priva di vero significato.

Per concludere

In conclusione, voglio ribadire che la gratitudine è una virtù preziosa e potente, che può arricchire la nostra vita e il nostro benessere. Ma per farlo, deve essere vissuta in modo autentico e profondo, non in modo banale e superficiale. La gratitudine non è una moda da seguire o da abbandonare.

La gratitudine è uno stile di vita da coltivare e da approfondire. È una capacità da sviluppare e da esercitare.

È una fonte da scoprire e da alimentare nei modi che a noi sono più congeniali, siano essi tenere un ‘diario della gratitudine’ - come qualcuno suggerisce - o semplicemente esplicitare agli altri il nostro senso di gratitudine, o anche compiere atti di gentilezza gratuiti, fare qualcosa di buono o di bello per un Altro senza aspettarsi nulla in cambio, cogliere occasioni di festa tra amici o in famiglia per condividere un sentimento di gratitudine.

E ogni tanto possiamo trovare qualche momento per una piccola meditazione sulla gratitudine: dedicare qualche minuto a riflettere sulla bellezza in cui siamo immersi – quella offerta dalla Natura e quella creata dalle arti umane -  su quanto di bello e di buono abbiamo ricevuto dalla vita e su come, magari, anche cose apparentemente negative ci hanno permesso di evolvere.