Una piccola premessa già, in qualche modo, espressa nei mesi scorsi annunciando i criteri su cui vogliamo costruire la newsletter mensile di Bottega Filosofica in entrambe le sue espressioni, Pausa. e Pensare B.
Ogni mese sceglieremo una parola della filosofia per noi importante e la esploreremo in Pausa. a partire dal suo senso in filosofia, ma soprattutto come spunto per un agire virtuoso da realizzare nel mondo.
In Pensare B, invece, nello stesso mese sceglieremo un IDG (Inner Development Goal) che sentiamo risonante con la stessa parola e lo esploreremo con un approccio simile.
La finalità, certamente ambiziosa - è quella di costruire mese dopo mese, una mappa e una narrazione che continuamente intreccino i diversi piani dell’impegno – individuale, della e nella collettività, delle e nelle organizzazioni e nel business – per contribuire a dargli sostanza e ad animare iniziative concrete di cambiamento nella direzione di una sempre maggiore sostenibilità e felicità per tutti.
Con queste premesse sarà facile comprendere perché la parola della filosofia dalla quale vogliamo cominciare il nostro viaggio è BENE. E non solo perché il mese di marzo è il mese delle B Corp e delle Società Benefit ma soprattutto perché è un concetto cruciale, un pilastro della visione del mondo di Bottega Filosofica.
Bene come sostantivo, bene come aggettivo, bene associato alla parola COMUNE, perché quella del bene comune è la lente attraverso la quale ci piace guardare il mondo, come persone e come impresa e perché pensiamo che la COMUNità, insieme al suo essere un valore dal quale farsi ispirare, costituisca anche una risorsa concreta per tutti i suoi membri. Per questo l’IDG che abbiamo voluto associare ai concetti di ‘bene’ e di ‘bene comune’ è ‘capacità di mobilitazione’.
Il concetto di Bene
‘Bene’ è un concetto centrale in filosofia e ha diverse interpretazioni. In generale, ‘bene’ si riferisce a ciò che è giusto, desiderabile o utile per gli individui o la società nel suo insieme, o in una visione più moderna, per gli individui e per la società.
Nella filosofia antica, il bene era spesso identificato con la virtù, cioè con l'agire secondo norme morali condivise che consente di raggiungere la felicità.
Per Platone, il bene era la forma ideale di ogni cosa, mentre per Aristotele il bene era il fine per cui gli esseri umani vivono e agiscono.
Nella filosofia moderna, il concetto di bene è stato spesso collegato alla felicità e alla realizzazione personale ma anche al benessere sociale e assume diverse sfaccettature a seconda della corrente di pensiero e del contesto culturale e storico.
Per Immanuel Kant, ad esempio, il bene è l’adempimento di un obbligo morale – un ‘imperativo categorico’, agire secondo la massima che potrebbe essere elevata a una legge universale - indipendentemente dal piacere o vantaggio che ne deriva per chi agisce.
Per John Stuart Mill, al contrario, il bene è ciò che produce il massimo benessere per il maggior numero di persone possibile.
Il Bene Comune
Il ‘bene comune’ è stato oggetto di confronto nella filosofia politica e morale per secoli. In generale, bene comune è un concetto che si riferisce al benessere o alla prosperità di una comunità o di una società nel suo insieme, piuttosto che al benessere individuale di una sola persona.
La filosofia antica considera il bene comune come il fine della politica che deve realizzare il bene della collettività, non quello di singoli individui o gruppi. "Ogni città esiste naturalmente, e il bene comune è ciò per cui essa esiste. Infatti, lo scopo di ogni associazione è un certo bene, e di conseguenza l'associazione politica, che è la più alta di tutte, esiste per il bene più alto" (Aristotele, La Politica).
Nella filosofia moderna, il concetto di bene comune è stato esplorato da filosofi come Thomas Hobbes, John Locke e Jean-Jacques Rousseau.
Hobbes sosteneva che il bene comune fosse il risultato di un contratto sociale tra i cittadini e il governo, in cui i cittadini rinunciavano ad alcune delle loro libertà individuali per garantire la pace e la sicurezza della società nel suo complesso.
Locke, invece, considerava il bene comune come il risultato dell'agire razionale dei singoli individui, che perseguono i loro interessi personali in modo cooperativo.
Rousseau, infine, sosteneva che il bene comune fosse l'interesse generale della società, che non sempre coincide con l'interesse individuale. "E' nell'ordine naturale che il bene di ciascuno sia unito al bene comune, e viceversa, poiché l'uno non può essere conservato senza l'altro" (da J. J. Rousseau, Il Contratto Sociale).
Rousseau credeva che il bene comune fosse il risultato di un accordo tra i cittadini della società, in cui ogni individuo accetta di rinunciare a parte della sua libertà individuale in cambio della protezione fornita dalla società stessa. In questo senso, il bene comune può essere raggiunto solo attraverso la collaborazione e il rispetto reciproco tra i cittadini, e attraverso la creazione di istituzioni politiche che tutelino gli interessi di tutti i membri della società.
In generale, quindi, il concetto di bene comune è legato a quelli di giustizia sociale e di equità, e implica che le decisioni politiche e morali debbano tener conto degli interessi di tutti i membri della società.
La Comunità
Anche quello di 'comunità' è un concetto centrale nella filosofia in quanto espressione della natura dell'essere umano quale animale sociale che vive in gruppi e interagisce con gli altri membri del suo ecosistema.
In filosofia politica, la comunità è spesso considerata come un'entità politica e sociale che esiste al di sopra degli individui che la compongono. Ciò significa che la comunità ha una propria identità, valori e obiettivi, che possono essere in conflitto con quelli degli individui all'interno di essa.
In generale, la comunità si riferisce a un gruppo di individui che condividono un legame sociale e culturale, e che si impegnano a vivere insieme in modo cooperativo per raggiungere un fine comune.
Platone, ne La Repubblica, ha descritto la città ideale come una comunità organizzata in modo giusto, in cui ogni individuo svolge il suo ruolo in base alle sue capacità e alle sue virtù.
Aristotele, nell’Etica Nicomachea, descrive la comunità come un insieme di individui che lavorano insieme per raggiungere il bene comune. Ha inoltre sottolineato l'importanza dell’amicizia nella creazione di una comunità stabile e prospera.
Altri filosofi hanno enfatizzato l'importanza della comunità come una fonte di identità e di appartenenza. Jean-Jacques Rousseau, ad esempio, che considera l'essere umano essenzialmente un essere sociale, vede nella comunità la fonte della sua felicità e della sua realizzazione.
Hannah Arendt, filosofa politica del XX secolo, ha sviluppato un'importante teoria della comunità. Per Arendt, la comunità non è semplicemente un insieme di individui che vivono insieme, ma una forma di vita politica nella quale le persone si incontrano e discutono tra loro per raggiungere un consenso sulla base della loro libertà e della loro uguaglianza.
I tratti essenziali della comunità
Hannah Arendt ha esplorato in diversi suoi scritti - in particolare in "La condizione umana" (1958), "La vita della mente" (1978) e "La crisi dell’educazione" (1958) – il concetto di ‘comunità’.
Con l’aiuto del suo pensiero proviamo a tratteggiare le caratteristiche della comunità perché possa essere riconosciuta come risorsa – bene comune - e ne sia sostenuto lo sviluppo da parte di tutti i suoi membri.
Per Arendt la comunità è fondamentale per la vita umana perché solo all'interno di una comunità gli individui possono svilupparsi in pieno e realizzare appieno la propria umanità. La comunità rappresenta un contesto in cui gli individui possono coltivare la loro libertà e la loro autonomia, ma anche il senso di appartenenza e la responsabilità verso gli altri membri della comunità.
“La comunità è la base della politica, il luogo in cui le persone si uniscono per creare un mondo comune che sia giusto, libero e sostenibile” (H. Arendt, La condizione umana).
"La comunità è il luogo in cui le persone possono esercitare la libertà e la responsabilità politica, dove possono impegnarsi in un dialogo pubblico e costruire insieme un futuro condiviso" (H. Arendt, La crisi dell’educazione).
Per Arendt la comunità è caratterizzata dalla capacità di "fare politica", che significa prendere decisioni insieme e creare spazi pubblici in cui gli individui possano esprimere le loro opinioni, confrontarsi e agire liberamente. La politica si basa, infatti, sulla capacità degli esseri umani di vivere insieme e di costruire un mondo comune.
"La comunità non è mai un dato di fatto, ma qualcosa da creare, da costruire e da difendere contro la crescente minaccia della modernità" (H. Arendt, La condizione umana).
"La comunità non è un gruppo di persone che condividono gli stessi interessi, ma un luogo in cui le persone si incontrano per parlare e agire insieme, per creare un mondo comune" (idem).
"La comunità è un insieme di persone che condividono qualcosa in comune, e questo qualcosa non può essere altro che una vita condivisa. Non è possibile creare una comunità (solo) sulla base di interessi o obiettivi comuni, perché questi possono essere raggiunti anche senza una vera e propria comunità" (H. Arendt, La vita della mente)
La comunità non può essere creata artificialmente o imposta dall’alto, deve invece essere il prodotto spontaneo delle relazioni tra gli individui. La comunità è il risultato di una vita condivisa, di un impegno comune per la costruzione di un mondo comune.
Arendt criticava la tendenza della società contemporanea a ridurre la vita umana a una serie di interessi privati e a enfatizzare l'individualismo, a discapito della vita associata e della comunità.
La comunità, quindi, non deve essere confusa con la società o con il mercato, in cui le relazioni sono basate sulla competizione e sullo scambio di beni materiali. Al contrario, questa si basa sulla condivisione di valori e di interessi comuni, e sulla volontà di lavorare insieme per raggiungere un fine collettivo.
"La comunità è il luogo in cui gli individui si sentono a casa, in cui si sentono accolti e riconosciuti dagli altri membri. Solo all'interno di una comunità gli individui possono sperimentare il senso di appartenenza e di identità" (H. Arendt, La crisi dell’educazione).
Hanna Arendt sottolinea anche l'importanza della diversità e della pluralità nella comunità. Le differenze tra gli individui non devono essere negate o superate, ma al contrario valorizzate come fonte di arricchimento e di crescita. Solo in questo modo la comunità può essere un luogo di vera democrazia e di libertà.
La vera comunità è quella in cui questi individui sono in grado di trovare un terreno comune su cui costruire un mondo condiviso, attraverso il dialogo e la collaborazione.
Arendt, inoltre, vede la pluralità come un valore fondamentale della vita umana, e sottolinea l'importanza della capacità degli individui di riconoscere e apprezzare le differenze altrui all'interno della comunità. Solo attraverso il dialogo aperto e rispettoso tra persone diverse e la condivisione delle loro esperienze, si può costruire una comunità autenticamente democratica e inclusiva.
"La comunità non deve essere confusa con l'omogeneità o l'uniformità. Una comunità autentica è costituita da individui diversi, che portano con sé le proprie esperienze e le proprie culture, ma che sono in grado di trovare un terreno comune su cui costruire un mondo comune" (H. Arendt, La vita della mente)
In sintesi, per Hannah Arendt la comunità è un elemento fondamentale della vita umana, in quanto solo all'interno di una comunità gli individui possono svilupparsi appieno e realizzare la propria umanità. La comunità è il prodotto spontaneo delle relazioni tra gli individui, e non può essere creata artificialmente, non è mai un dato di fatto e richiede un costante impegno e difesa da parte dei suoi membri.
Un altro autore interessante per approfondire il tema della comunità è Peter Block che ha scritto molto sui cambiamenti comunitari e sociali.
Anche Block ritiene che la creazione di comunità forti e resistenti sia essenziale per il benessere individuale e collettivo e definisce la comunità come "l'esperienza di appartenenza" sottolineando l'importanza di connettersi con gli altri in modo significativo per trovare nella comunità senso di appartenenza, supporto e scopo.
Afferma, inoltre, che un forte senso di comunità può migliorare i risultati sociali ed economici, ridurre la criminalità e la violenza e migliorare la qualità della vita.
Nel suo libro "Community: The Structure of Belonging", Block offre un quadro di riferimento per la costruzione di comunità forti e resistenti.
Sostiene che la chiave per costruire una comunità sana è concentrarsi sui doni e sulle risorse già presenti all'interno della comunità, piuttosto che sui suoi deficit e problemi.
Promuovendo un senso di abbondanza e possibilità, le comunità possono attingere alla propria creatività e intraprendenza e trovare nuove soluzioni ai vecchi problemi.
Sottolinea, infine, la necessità che i membri della comunità si assumano la responsabilità della propria vita e della propria comunità, anziché affidarsi ad autorità esterne per risolvere i propri problemi.
In generale, il lavoro di Block sulla costruzione di comunità afferma l'importanza della connessione e della cooperazione, mettendo gli individui in condizione di assumere un ruolo attivo nel plasmare le loro comunità.
Quando le persone si uniscono in uno spirito di generosità e di sostegno reciproco, possono creare comunità forti e resistenti, in grado di affrontare qualsiasi sfida. Lavorando insieme per creare una visione condivisa di un futuro migliore si possono costruire basi solide a partire dalle quali compiere passi concreti per trasformare tale visione in realtà.
Comunità e capitale sociale
Come tutti possiamo osservare facilmente, l'isolamento sociale è in aumento e sappiamo che può avere effetti negativi sulla salute mentale e fisica delle persone. Tuttavia, come abbiamo visto, la comunità può essere una grande risorsa per aiutare le persone ad affrontare l'isolamento e migliorare il loro benessere. Perchè la comunità sviluppa ‘capitale sociale’.
L’espressione ‘capitale sociale’ si deve a Pierre Bourdieu che, negli anni '80, la usa per descrivere il valore delle relazioni sociali all'interno di una comunità e come queste relazioni possono influenzare l'accesso alle risorse e le opportunità per gli individui.
Si riferisce alla quantità e alla qualità delle relazioni sociali e della fiducia reciproca all'interno di una comunità. Si tratta di un concetto chiave nella sociologia e nell'economia, poiché una comunità con un alto capitale sociale tende ad essere più coesa, resiliente e in grado di affrontare sfide comuni.
La relazione tra capitale sociale e comunità è stretta, in quanto il capitale sociale è il risultato di interazioni sociali tra membri della comunità.
Una comunità con un forte senso di appartenenza, una buona comunicazione e una solida rete di relazioni sociali tende ad avere un alto capitale sociale.
Questo è costituito da elementi come la fiducia reciproca, la solidarietà, l'inclusione sociale e la partecipazione civica attiva.
Il capitale sociale può contribuire al raggiungimento del bene comune, poiché promuove la coesione sociale e la capacità della comunità di risolvere problemi e affrontare sfide collettive, può contribuire a migliorare la qualità della vita, a creare un ambiente più inclusivo e a favorire lo sviluppo economico sostenibile.
Il contributo della pratica filosofica e dell’ecologia profonda allo sviluppo di capitale sociale per la realizzazione di bene comune
La filosofia e l’ecologia possono essere strumenti preziosi per la costruzione del capitale sociale e la realizzazione del bene comune.
La filosofia, infatti, offre una vasta gamma di strumenti concettuali e metodologici per esaminare le questioni sociali e politiche, nonché per sviluppare valori etici fondamentali come la giustizia, la solidarietà e la responsabilità.
La pratica filosofica di comunità si basa sull'idea che il dialogo filosofico tra le persone possa aiutarle a comprendere meglio la realtà che le circonda e ad acquisire una maggiore consapevolezza di sé. In questo contesto, la comunità filosofica diventa uno spazio di condivisione e di apprendimento reciproco, dove i partecipanti possono sviluppare la loro capacità di pensiero critico e di riflessione.
L'ecologia profonda*, d'altra parte, si basa sull'idea che tutti gli esseri viventi sulla Terra siano interconnessi e che la salute dell'ecosistema dipenda dalla salute di ogni componente.
L'ecologia profonda promuove la consapevolezza della nostra relazione con la natura e il rispetto per tutte le forme di vita sulla Terra, comprese quelle non umane.
In questo contesto, la pratica filosofica di comunità può essere vista come un mezzo per sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e dei propri rapporti con gli altri, mentre l'ecologia profonda può aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza della nostra relazione con la natura e con tutte le forme di vita sulla Terra.
Insieme, queste due pratiche possono aiutare a costruire comunità più sostenibili e rispettose dell'ambiente naturale che ci circonda.
* Il concetto di "ecologia profonda" si deve a Arne Naess filosofo e attivista norvegese (1912-2009). Secondo Naess, l'ecologia profonda è una filosofia che riconosce l'interconnessione di tutti gli esseri viventi e promuove un approccio alla natura basato sulla saggezza, sull'empatia e sulla responsabilità.
L'ecologia profonda si differenzia dall'ecologia superficiale, che si concentra principalmente sulla conservazione delle risorse naturali e sull'analisi delle conseguenze ambientali delle attività umane. L'approccio dell'ecologia profonda implica invece una trasformazione radicale della nostra visione del mondo, basata sulla comprensione che l'essere umano fa parte di un sistema ecologico più ampio e che tutte le forme di vita meritano rispetto e considerazione.
Secondo Naess, la realizzazione dell'ecologia profonda richiede una profonda trasformazione culturale, che includa la riscoperta di valori come la sobrietà, la solidarietà, la diversità culturale e biologica, l'autonomia e la partecipazione democratica. Questi valori devono essere integrati in tutti gli aspetti della nostra vita, dalle decisioni politiche alle scelte individuali, al fine di costruire una società ecologicamente sostenibile e rispettosa della vita.
In sintesi, l'ecologia profonda di Naess è un approccio filosofico e politico alla natura che cerca di superare il dualismo tra uomo e ambiente, promuovendo una visione olistica e interconnessa del mondo.