Dieci anni dopo la pubblicazione della Laudato si’, l’enciclica di papa Francesco risuona con una forza ancora più profetica.
È un appello universale alla conversione ecologica, alla sobrietà e alla cura, che parla non solo ai credenti ma a tutti i viventi.
Il testo ricorda che la crisi ambientale è prima di tutto una crisi del nostro modo di essere nel mondo e che la sostenibilità autentica nasce da una trasformazione interiore.
L’articolo ripercorre i passaggi centrali dell’enciclica - dall’ecologia integrale alla critica del paradigma tecnocratico - e ne mostra la sorprendente attualità in un’epoca segnata da crisi climatiche, guerre e accelerazioni tecnologiche.
Tra spiritualità incarnata e impegno civile, la Laudato si’ ci invita a un’economia della vita e della relazione, fondata sulla gratitudine, la sobrietà e la responsabilità collettiva.
Un invito a rallentare, a respirare, a lasciare che anche la Terra respiri.
Dieci anni fa, Papa Francesco donava al mondo l’enciclica Laudato Si’, un appello profetico allo sviluppo umano integrale con il quale ci ha ricordato che la Terra non è una risorsa infinita, ma la nostra fragile casa comune.
Un potente campanello d'allarme per le persone di buona volontà di tutte le fedi.
Nei primi giorni di ottobre ho partecipato alla Conferenza Internazionale Raising Hope for Climate Justice, che ha celebrato l’anniversario della Laudato Si’ nella ricorrenza, inoltre, degli 800 anni dal Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi.
“Aumentare la Speranza” perché mai come in questo momento abbiamo bisogno di speranza, di ispirazione, di condivisione ma anche di consapevolezza e di pace.
Pace prima di tutto nei nostri cuori perché solo nutrendo la speranza e la pace interiore possiamo contribuire a nutrirle anche fuori di noi.
Papa Leone XIV ha raccolto pienamente l’eredità di Papa Francesco ed è impegnato a portare la Chiesa verso la neutralità climatica. Nel suo discorso ci ha invitato a coltivare e suscitare speranza senza cedere alla disperazione e, sostenuti dalla speranza, ad agire.
Perché la speranza non è passiva, è coraggiosa e si muove nella profonda convinzione che il futuro può essere migliore del presente. Dipende da noi alimentarla con umiltà e perseveranza.
Come ho già scritto in un altro articolo, non si tratta di essere ingenuamente ottimisti ma di attivare mente e cuore per essere attori del nostro vivere.
La speranza prende corpo, allora, nella consapevolezza che ciò che facciamo oggi dà forma al mondo di domani, nel nostro cambiare gli stili di vita personali e collettivi e nell’essere capaci di influenzare le istituzioni perché siano sempre più orientate al bene comune.
La speranza ha quindi anche un valore ‘politico’, è una pratica di cittadinanza e di responsabilità che riguarda tutte e tutti, qualsiasi ruolo ricopriamo e qualsiasi fede o convinzione abbiamo.
La comunità che negli anni si è riunita, in tutto il mondo, attorno alla Laudato si’, è viva e attiva e opera su tutti i piani: la ricerca, la pratica, l’attivismo. Nei tre giorni di lavoro della Conferenza abbiamo condiviso motivazione, conoscenza e ispirazione.
Voglio tornare, in questo articolo, proprio alle parole scritte da Papa Francesco nella sua prima enciclica, per trarre, da questo anniversario, la forza per agire, ognuno come vuole e come può, ma tutti connessi nell’impegno per un mondo più bello, più sano, più giusto, più equo.
Laudato si’: oggi un appello ancora più urgente
Quando, nel 2015, Papa Francesco pubblicò l’enciclica Laudato si’, molti la lessero come un testo religioso. Eppure, bastava aprirla per capire che era qualcosa di più profondo e universale: un manifesto per la sopravvivenza dell’Umanità, una lettera d’amore e di dolore indirizzata a “ogni persona che abita questo pianeta”, così come Giovanni XXIII con la Pacem in terris parlava "a tutti gli uomini di buona volontà".
Questo approccio universale è fondamentale: la crisi ecologica non conosce confini religiosi, nazionali o culturali. Riguarda l'intera famiglia umana.
Laudato si’ non è un testo per i credenti, ma per i viventi. È una chiamata a ricordare che siamo parte di una trama più grande, che la Terra non ci appartiene ma ci ospita e che la crisi ecologica è, prima di tutto, una crisi del nostro modo di essere nel mondo.
Una conversione dello sguardo
Il punto più rivoluzionario dell’enciclica non è la denuncia del cambiamento climatico o della distruzione della biodiversità - temi che erano già trattati con forza dalla scienza - ma la prospettiva con cui vengono letti. Francesco invita a una “conversione ecologica” che parte dal cuore e dallo sguardo: non si tratta solo di cambiare comportamenti, ma di cambiare percezione.
La Terra non è una somma di risorse, ma una casa comune, gli altri esseri non sono oggetti a disposizione dell’uomo, ma soggetti con cui condividiamo un destino.
È un cambio di paradigma radicale: passare dall’antropocentrismo al biocentrismo, dal dominio alla relazione, dallo sfruttamento alla cura.
La forza dell’interiorità
Francesco parla di una “ecologia integrale”, che tiene insieme ambiente, economia, cultura, spiritualità.
In questa prospettiva, la rigenerazione non è solo ambientale, ma interiore.
Non possiamo immaginare un futuro sostenibile se restiamo divisi dentro di noi, se non riconosciamo quella frattura che ci ha resi estranei al mondo naturale e, in fondo, anche a noi stessi.
La Laudato si’ ci invita a una riconciliazione: tra mente e corpo, tra ragione e sentimento, tra umanità e natura.
È una chiamata alla consapevolezza, alla sobrietà, alla tenerezza. Parole rare nel linguaggio economico, ma fondamentali per costruire società veramente sostenibili.
Dall’ascolto all’azione
Molti hanno accusato l’enciclica di essere un testo ‘idealista’. Ma in realtà la Laudato si’ è profondamente concreta: chiede un cambiamento dei modelli di produzione, di consumo, di politica.
Non si limita a dire ‘abbiamo un problema’, ma invita a costruire soluzioni collettive, dal basso, attraverso comunità di cura e di responsabilità condivisa.
Parla di giustizia intergenerazionale, di dialogo tra saperi, di educazione alla responsabilità.
E soprattutto, ci ricorda che ogni piccolo gesto conta, perché “nessuno è inutile, nessuno è superfluo”.
I pilastri della Laudato si'
"Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?"
Questa domanda pone una questione radicalmente filosofica prima ancora che teologica: cosa significa davvero abitare la Terra? Quale responsabilità abbiamo verso ciò che ci è stato affidato?
L'enciclica si articola in sei capitoli che costruiscono un percorso di consapevolezza e azione. Questi, in una sintesi estrema, sono i punti essenziali.
Cosa sta accadendo alla nostra casa?
Papa Francesco denuncia che la Terra "geme e soffre le doglie del parto", vittima della violenza umana che si manifesta attraverso l'inquinamento, i cambiamenti climatici, la crisi dell'acqua e la perdita di biodiversità. Siamo cresciuti pensando di essere proprietari e dominatori della Terra, autorizzati a saccheggiarla.
L'enciclica mette in luce la "cultura dello scarto", che trasforma il pianeta in un immenso deposito di immondizia, e sottolinea il legame tra crisi ambientale e crisi sociale: esiste un "debito ecologico" tra Nord e Sud del mondo.
Tutto è connesso
Il cuore teoretico della Laudato si' è il concetto di ecologia integrale.
“Tutto è connesso”: questa frase, ripetuta come un ritornello nel testo, è la chiave per comprendere l’intero pensiero dell’enciclica.
Francesco ci ricorda che non esistono crisi separate — ambientale, sociale, economica, spirituale — ma un’unica crisi complessa, sistemica, che nasce da un medesimo sguardo distorto sul mondo.
L’uomo che devasta la foresta è lo stesso che sfrutta il lavoro, che consuma senza misura, che costruisce muri invece di ponti.
La cura del Pianeta, dunque, non è un tema ‘verde’ o ‘ambientalista’: è la condizione di ogni giustizia possibile.
In questo senso, la Laudato si’ dialoga profondamente con il pensiero sistemico, con la biomimesi, con le nuove visioni dell’economia rigenerativa e con tutti quei movimenti che cercano di restituire senso e misura all’agire umano.
Ci dice che non potremo mai trasformare il mondo se non trasformiamo prima il modo in cui lo vediamo, lo sentiamo e lo abitiamo.
Non c’è cambiamento all’esterno se non ci prendiamo cura del nostro sviluppo interiore.
La critica al paradigma tecnocratico e la conversione ecologica
L'enciclica non si limita a denunciare i sintomi, ma cerca le radici profonde della crisi.
Papa Francesco le individua nel "paradigma tecnocratico dominante", la tendenza a credere che ogni acquisizione di potenza sia automaticamente progresso.
È una critica che risuona con la filosofia contemporanea, da Heidegger a Jonas: la tecnica non è neutra, ma porta con sé una visione del mondo che riduce tutto a risorsa disponibile.
Di fronte a questa situazione, serve una "conversione ecologica", un cambio radicale di mentalità e stile di vita. Questo include lo sradicamento della miseria, l'attenzione per i poveri, l'accesso equo alle risorse, la cura delle ricchezze culturali dell'umanità e il miglioramento della qualità della vita nelle città.
Non si tratta solo di gesti individuali, ma di un ripensamento collettivo del nostro modo di produrre, consumare, abitare il mondo. L'enciclica propone modelli produttivi basati sul riutilizzo, il riciclo e l'uso limitato delle risorse non rinnovabili.
Spiritualità come cura
La spiritualità proposta nell'enciclica non è separata dal corpo, dalla natura o dalla realtà del mondo, ma vive con esse e in esse. È una spiritualità incarnata che riscopre il valore della cura, della gratuità, della contemplazione, della sobrietà vissuta con libertà.
Ma cosa significa questo, esattamente? Papa Francesco ne offre una visione ricca e multidimensionale.
Cura come stupore contemplativo
La cura nasce prima di tutto dallo sguardo. Scrive Papa Francesco: "se noi ci accostiamo alla natura e all'ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore". Al contrario, quando ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiscono in maniera spontanea.
Per il credente - per l’essere umano -, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali siamo uniti a tutti gli esseri. C'è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero.
Questa capacità contemplativa è tutt'altro che evasione: è la condizione per vedere davvero, per accorgersi.
Cura come sobrietà liberante
La cura si esprime attraverso uno stile di vita sobrio, Papa Francesco è chiaro: "La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario". Si tratta di accogliere il concetto, sempre valido, che ‘meno è più’.
Il costante accumulo, il credere di poter consumare senza fine, distrae il cuore e impedisce di apprezzare ogni cosa e ogni momento.
Al contrario, rendersi presenti serenamente davanti a ogni realtà, per quanto piccola, ci apre molte più possibilità di comprensione e di realizzazione personale.
È un ritorno alla semplicità che ci permette di fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle possibilità che offre la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né rattristarci per ciò che non possediamo.
Cura come gratuità e tenerezza
La conversione ecologica comporta una "cura generosa e piena di tenerezza". Implica gratitudine e gratuità – riconoscere il mondo come dono ricevuto – e rinunce e gesti generosi che hanno valore anche se nessuno li vede o li riconosce.
Dice Papa Francesco parlando di Giuseppe: “Nella casa di Nazareth, egli viveva con loro quotidianamente, con discrezione, con tenerezza e con silenzio, nel rispetto profondo e nella consapevolezza che Dio è presente in ogni cosa”.
Cura come custodia e coltivazione
Anche il lavoro umano viene rivalutato attraverso una doppia dimensione: ‘custodire’ e ‘coltivare’. Custodire significa proteggere, curare, preservare, conservare.
Ma accanto alla custodia c'è anche la coltivazione: fare emergere le potenzialità che Dio stesso ha inscritto nelle cose. Non si tratta di un ritorno nostalgico a un Eden primordiale, ma di trovare un equilibrio nuovo tra sviluppo e rispetto, tra progresso e sostenibilità.
Cura come responsabilità comunitaria
La cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione.
L'amore fraterno è gratuito, non transazionale. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo.
Per questo possiamo parlare di una fraternità universale – un concetto principalmente politico.
Prendersi cura del mondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo consapevolezza di abitare una casa comune che Dio ci ha affidato: queste azioni comunitarie, quando esprimono un amore che si dona, possono trasformarsi in intense esperienze spirituali.
Cura come passione quotidiana
La cura si traduce in gesti concreti: evitare l'uso di materiale plastico o carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico, piantare alberi, spegnere le luci inutili.
Un'ecologia integrale è fatta di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell'egoismo.
Non sarà possibile impegnarsi in cose grandi soltanto con dottrine, senza una mistica che ci animi, senza una passione interiore che dà impulso, motiva, incoraggia e dà senso all'azione personale e comunitaria.
In definitiva, la cura non è un dovere gravoso ma il modo più autentico di essere umani: è riscoprire che siamo fatti per la relazione, per l'amore, per la bellezza.
È capire che custodire il creato significa proteggere l'essere umano stesso.
Perché la Laudato si' parla a tutti
Anche chi non condivide la fede cattolica può trovare in questo documento un appello potente e ragionevole.
È fondato sulla ragione e sulla scienza: l'enciclica evidenzia il "consenso scientifico molto consistente" sul cambiamento climatico e sul ruolo dell'attività umana. Non si tratta di fideismo, ma di un dialogo serio con la conoscenza scientifica.
Propone un'etica universale: il richiamo alla cura, alla responsabilità intergenerazionale, alla giustizia sociale sono valori condivisibili da chiunque, a prescindere dal proprio credo. Le domande che motivano l'enciclica sono quelle sul senso della vita e del nostro abitare la Terra: a che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita?
Collega dimensioni spesso separate: La Laudato si' mostra con lucidità come ambiente, economia, politica, cultura e spiritualità siano intrecciate. È un approccio olistico che supera gli specialismi e parla all'essere umano nella sua interezza.
Valorizza culture e tradizioni diverse: l'enciclica riconosce l'importanza delle ricchezze culturali dell'umanità, comprese quelle delle comunità aborigene, respingendo ogni forma di colonialismo culturale.
Un invito a fermarsi
In un'epoca di accelerazione frenetica, la Laudato si' ci invita a fare una pausa. A respirare. A lasciare che anche la Terra respiri. La domenica viene riscoperta come "giorno del risanamento delle relazioni dell'essere umano con Dio, con se stesso, con gli altri e con il mondo": un tempo per recuperare quella connessione perduta con noi stessi, con gli altri esseri umani, con i viventi che popolano il Pianeta.
Non si tratta di rinunciare alla modernità o di abbracciare un primitivismo impossibile. Si tratta di rallentare abbastanza da chiederci: cosa stiamo facendo? Dove stiamo andando? Qual è il senso di tutto questo?
Dieci anni dopo: nuove sfide ma la stessa radice
Nel 2025, a dieci anni di distanza, l'attualità dell'enciclica è ancora più evidente, con la crisi climatica che ha raggiunto livelli drammatici e l'accelerazione tecnologica che solleva nuove domande etiche e antropologiche.
La pandemia, le guerre, la competizione geopolitica tra le nazioni hanno reso ancora più complessa la cooperazione internazionale necessaria per affrontare la crisi. Ma non c'è transizione ecologica senza pace, e non c'è pace senza un diverso sguardo nei confronti della natura e senza una diversa economia.
Le cause profonde identificate nell'enciclica rimangono le stesse: il paradigma tecnocratico, la cultura dello scarto, l'idea di dominare la natura invece di custodirla, la disconnessione tra le dimensioni della vita umana.
La Laudato si’ resta un faro nel mare confuso della contemporaneità.
Le sue parole non sono invecchiate: si sono fatte più nitide, più pressanti, più necessarie.
In un tempo in cui l’intelligenza artificiale ci promette di sostituire la sensibilità con l’efficienza, la voce di Francesco ci riporta all’essenziale: il discernimento del limite, la cura delle relazioni, la gioia semplice di sentirsi parte di un tutto.
È ancora un potente invito a rallentare, a guardare il mondo con occhi nuovi, a scegliere un’economia della vita invece di un’economia della morte perché "Abbiamo ereditato un giardino dal Creatore, non possiamo lasciare un deserto ai nostri figli".
Perché oggi è ancora più urgente agire
Tre ragioni rendono l'azione immediata non più rimandabile:
1. il tempo stringe, fisicamente
Non è più possibile rinviare le decisioni, anche quelle più drastiche. Ogni frazione di grado in più intensifica gli eventi estremi. Le finestre temporali per invertire la rotta si stanno chiudendo. Ciò che dieci anni fa era una previsione, oggi è realtà quotidiana.
2. il futuro delle giovani generazioni
In un mondo in cui tutto è connesso, è necessario ripartire dalle parole di Francesco per proseguire un cammino di speranza, guidati dalla consapevolezza che custodire il creato significa proteggere l'essere umano. L'ansia climatica colpisce soprattutto i giovani, che vedendo minacciato il loro futuro, chiedono quotidianamente un cambio di rotta concreto, non più slogan.
3. la crisi è un’opportunità di trasformazione
La crisi ecologica può diventare occasione per ripensare il nostro modello di sviluppo. La transizione ecologica non può essere imposta dall'alto, richiede partecipazione e un lavoro paziente di coordinamento dei soggetti sociali, di democrazia dal basso. È un'opportunità per creare lavoro sostenibile, ridurre le disuguaglianze, costruire comunità più resilienti.
Dalla consapevolezza all'azione
La Laudato si' non chiede solo consapevolezza teorica, ma conversione pratica.
La conversione ecologica sarà realizzabile soltanto se sarà socialmente desiderabile, se incontrerà una società capace di orientare i propri valori in quella direzione.
La Terra non chiede di essere salvata: chiede di essere amata. E questo significa, per ciascuno di noi, riscoprire la lentezza, il silenzio, la gratitudine.
Lasciar respirare la Terra vuol dire lasciar respirare anche noi stessi, uscire dalla logica della prestazione e del controllo per rientrare in un dialogo vivo con ciò che ci circonda.
Cosa possiamo fare concretamente tutte e tutti?
Rallentare: prendersi pause dalla frenesia consumistica, riscoprire il ritmo della natura, lasciare che anche la Terra 'respiri'.
Recuperare la connessione: con la natura attraverso il contatto diretto, con i viventi riconoscendone il valore intrinseco, con le comunità attraverso reti di solidarietà.
Ripensare le scelte quotidiane: di consumo, di alimentazione, di mobilità, di energia, perché ogni gesto conta.
Partecipare: la conversione è comunitaria prima che individuale; serve pressione dal basso sulle istituzioni.
Educare: trasmettere alle nuove generazioni non l'angoscia, ma gli strumenti per costruire un futuro diverso.
Come recita la stessa enciclica: "Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l'umanità che ha bisogno di cambiare".
Conclusione: una speranza operosa
Che si sia credenti o meno, la Laudato si’ ci riguarda tutti. È una meditazione sull’essere umano, sulle sue responsabilità e sulle sue possibilità di rinascita.
Ci ricorda che non esiste futuro sostenibile senza una profonda trasformazione del nostro modo di pensare e di sentire.
È un testo che chiede di passare dall’indifferenza alla meraviglia, dall’estrazione alla cura, dall’io al noi.
Forse, il modo più autentico per celebrarne l’anniversario non è solo leggerla ancora una volta, ma praticarla attraverso piccoli gesti di riconnessione che, come scrive Papa Francesco, possono “risvegliare quella grandezza che Dio ha posto nel cuore di ogni persona”.
E continua nelle preghiere finali: "Camminiamo cantando!" perché "al di là del sole, alla fine, ci incontreremo faccia a faccia con la bellezza". È un invito a non lasciarsi paralizzare dall'angoscia ecologica, ma a trasformarla in impegno concreto, gioioso, solidale.
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Il testo integrale della Laudato si' è disponibile gratuitamente sul sito del Vaticano.
